Todo Modo (1976) ITA di Elio Petri
Petri era un regista politico nel senso più nobile del termine. Come molti cineasti di spessore e valore in Italia era comunista ed il suo fervore ideologico, la sua caratura morale lo spingeva a filmare opere che avevano un risvolto sociale, filosofico che doveva condurre il “popolo” alla comprensione dei meccanismi del potere.
Eppure, nonostante ciò, l’ideologia non ha mai vessato la sua estetica cinematografica, non l’ha mai piegata ad essere organica, complementare all’urgenza del momento. Petri era un uomo libero con un senso dell’immagine enorme, con un talento per la conduzione degli attori notevole, con un capacità di gestire il ritmo di un lungometraggio che oggi ancora rimpiangiamo.
Il suo capolavoro è certamente Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto (premiato peraltro con l’Oscar) ma ogni sua opera è un gioiello formale e morale. Un libro di Leonardo Sciascia attrae la sua attenzione, gli richiama le tematiche a lui care. Lo fa diventare così un film, un apologo sulla Democrazia Cristiana, sinistramente premonitorio se pensiamo alla fine di Aldo Moro solo due anni dopo e alla dissoluzione della DC. Non è però un film al servizio del PCI, ma una riflessione d’autore su cosa il potere corrode, su come esso incida sull’essere umano fino a trasformarlo in qualcosa di mostruoso che tende a negare qualunque forma di pietà.
Grandissimo il cast (Volontè, Mastroianni, Citti, Piccoli, Melato, Ingrassia) ma impressionante è la gestione dei volti dei comprimari utilizzati magari per un paio di battute, tuttavia perfetti per creare un’atmosfera di decadenza, di dissoluzione, di morte. La fotografia di Kuveiller e la musica di Morricone sono a completamento.
Petri non era comodo ed, infatti, è stato parzialmente dimenticato dal pubblico. Era un grande del cinema italiano, scomparso purtroppo a soli 53 anni.
