The whale

Il nostro parere

The whale (2022) USA di Darren Aronofsky


Un insegnante di inglese obeso e solitario cerca di riallacciare i rapporti con la figlia adolescente allontanata per avere un’ultima possibilità di redenzione. Solo un’amica lo aiuta a sopravvivere.


Per un film che ritrae un uomo in preda a un deliberato suicidio per obesità, The Whale, schematico ma innegabilmente efficace, lavora duramente per evitare di essere morboso. Forse è perché, nonostante la piccola, e in qualche modo incoerente, controversia che ha accolto il casting di Brendan Fraser – provocata dalla notizia che la star si sarebbe esibita indossando una tuta per l’aggiustamento corporeo assistito dalla CGI per raggiungere il fisico richiesto di 600 libbre – il film o evita abilmente o semplicemente ha poco da dire sul body shaming, sulla grassofobia o sui disturbi da alimentazione incontrollata. In questo caso, l’obesità non è la storia, è un sintomo, e la sua rilevanza nel mondo reale è ampiamente eclissata dalla performance di Fraser, che è, nonostante i frequenti eventi cardiaci e palpitazioni, un cuore che batte regolarmente.

Questo sguardo rivolto al cielo, addolcito dalle lacrime, di un film potrebbe essere intrappolato in uno squallido appartamento dell’Idaho così come Charlie (Fraser) è intrappolato nel suo corpo debole e ribelle, ma crede con sincerità, per quanto falso possa essere, che sia nel nostro il potere di essere più liberi delle nostre circostanze incatenate e più leggeri dei nostri fardelli più pesanti. In questo quadro, l’enormità di Charlie, soprattutto se indossata da un Fraser stranamente radioso, non diventa oggetto di orrore, pietà o derisione, ma un ostacolo auto-creato nel viaggio del suo autoproclamato eroe. Il ritiro sociale e la mancanza di mobilità di Charlie potrebbero interferire con qualsiasi riconciliazione tra la sua ex figlia e il Moby-Dick che è per lei, e questa è la potenziale tragedia qui; tutto il resto è imbottitura.

Charlie è un recluso che conduce corsi di letteratura universitaria online, sostenendo la fotocamera del suo portatile si è rotta,  e la sua fame emotiva è iniziata dopo la scomparsa del suo amato partner ed ex studente Andy. Il fatto di aver lasciato sua moglie e la figlia Ellie, ormai adolescente, per stare con Alan è il grande dolore che ha inflitto, per il quale ora deve espiare. E presto, perché, mentre la sua pressione sanguigna sale a nuove vette astronomiche, la sua unica amica, la sorella di Alan, Liz, lo osserva attentamente e con la vivacità da infermiera annuncia che senza ricovero in ospedale – che rifiuta fermamente – non vedrà un’altra settimana.

Questo è il ruolo più riuscito, grazie anche ad un’ottima Hong Chau. La sua realtà è particolarmente evidente qui, quando il resto del cast, declamando il dialogo teatrale della sceneggiatura di Samuel D. Hunter (adattata dalla sua opera teatrale del 2012), raramente sembra che esista davvero al di fuori delle squallide mura dell’appartamento di Charlie. Ellie, attirata dalla promessa di soldi e aiuto con i compiti, è una mocciosa risentita. Perfino Samantha Morton, che è elettrizzante nella sua unica scena nei panni dell’amara ex moglie alcolizzata di Charlie, emana un’energia scoppiettante che si spegne improvvisamente non appena esce dallo schermo.

Solo Liz porta il mondo con sé, creando un personaggio la cui vita fuori sembra reale e il cui ogni gesto rapido e decisivo è l’angosciata risoluzione di una disputa tra il suo dovere di rispettare i desideri del suo amico e il suo desiderio di mantenerlo in vita. Potrebbe non esserci momento più commovente in La Balena, certamente non il suo finale disinvoltamente trascendente, di quando, in seguito a un’altra discussione sul rifiuto di Charlie di cercare aiuto medico, lei gli porge un sacchetto di polpette come offerta di pace, seguito immediatamente da un rassegnato, esausto: “Non so cosa sto facendo”.

Un po’ più di questa relazione affettuosa ma tesa sarebbe stata gradita – si può immaginare un doppio gioco che entrerebbe nelle erbacce delle delusioni e delle compulsioni di Charlie, e della capacità di Liz, in un modo molto più provocatorio. Ma The whale non è qui per provocare: è qui per testimoniare la beatificazione di un santo, che ha mortificato la sua carne in modo non tradizionale ma ha comunque raggiunto una purezza d’animo che pochi attori potrebbero rappresentare in modo convincente.

 

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