The silent man. Gola profonda

Il nostro parere

The silent man (2017) USA di Peter Landesman

Washington, 1972. Mark Felt è il vicedirettore dell’FBI quando  J. Edgard Hoover muore. Tutti si aspettano la promozione di Mark, ma il suo successore è un uomo di Nixon. E’ allora che scoppia lo scandalo Watergate.  Le indagini dell’FBI vengono chiaramente ostacolate dalla presidenza e Mark decide che non può tacere, divenendo il mitico suggeritore dell’inchiesta del Washington Post, inchiesta che fece dimettere Nixon.

Film onesto e diretto, condoto con sicurezza da Landesman, si accosta al più grande scandalo politico americano attraverso gli occhi di un servitore dello stato, costretto a scegliere tra la fedeltà al suo ruolo e a quello di cittadino americano. Il dilemma etico viene risolto senza dubbi da Felt che solo 30 anni dopo svelerà al mondo il suo ruolo, rimasto segreto grazie alla lealtà di Woodward e Bernstein, i giornalisti che tolsero il velo al Watergate. La narrazione prosegue su due piani, unendo il dramma personale di Felt, cui è scomparsa la figlia, e il suo incarico istituzionale, utilizzato in modo improprio per nascondere i reati del presidente.

Neeson è molto più convincente in questo ruolo che non nei troppi film d’azione che gira ultimamente e ritrova una dimensione attoriale smarrita. Non si tratta certamente di un capolavoro, soprattutto per la divisione semplicistica tra buoni e cattivi e per il silenzio sotto cui viene passato il periodo di Hoover, a detta di tutti torbido e oscuro, assolutamente speculare alla politica personalistica di Nixon. Questa amnesia incide pesantemente sulla credibilità etica del personaggio di Felt, a tratti unidimensionale.

 

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