The mule – Eticità

Il nostro parere

The mule – Il corriere (2018) USA di Clint Eastwood

Earl Stone, un uomo di 80 anni rimasto solo e al verde, accetta un lavoro per cui è richiesta la sola abilità di saper guidare un auto. Compito semplice, ma, ciò che Earl non sa è che ha appena accettato di diventare un corriere della droga di un cartello messicano.

Quasi novantenne Eastwood dirige un altro grande film, un ulteriore tassello ad una carriera monumentale. Il volto scolpito e il corpo ormai piegato dall’età (nonostante l’ottima forma mostrata) si presta per rappresentare un’America rurale e virile che non c’è più. Senza banalità e con un coraggio incredibile l’autore americano narra una nazione dalle viscere.

Earl si vende per denaro al cartello della droga ma mantiene in sè una forma etica incrollabile che lo costringe a fare i conti con se stesso senza bugie. L’uomo sa di sbagliare e sa di dover pagare per i suoi errori, non solo penali, ma soprattutto personali. Earl è un pessimo padre e un terribile marito (l’ironia è che la figlia del film è la vera figlia di Eastwood), incapace di comunicare i propri sentimenti se non quando li ha persi e li rimpiange.

Terribile come familiare, è anche nel suo intimo razzista. Come il Kowalski di Gran Torino, anche Earl divide il mondo tra bianchi, negri e mangiafagioli pur mantenendo sempre il rispetto delle persone. Nelle sue parole si rispecchia una nazione che non accetta la mescolanza razziale, non la vuole. I personaggi di Eastwood, infatti,  non sono mai facilmente interpretabili perchè a fronte di frasi inaccettabili e offensive, sono capaci anche di slanci di umanità insospettabili, di momenti di complicità unici.

La realtà è che quest’opera è l’ennesima elegia che il regista americano dedica all’essere umano. Contraddittorio, fragile e fallibile, l’uomo che Eastwood mette al centro della sua filmografia è commovente nella sua orgogliosa sconfitta.

Quello che più impressiona nel regista è la sua lucida visione del mondo, chiara e limpida pur nell’età avanzata. Senza moralismi e con l’amore di sempre per la sua nazione che, si capisce in controluce, ha tradito i reduci, si è svenduta, l’attore-regista individua nella famiglia l’unico vero valore, il rifugio in cui salvarsi. Fuori da questo c’è solo la solitudine e l’abbandono. Bellissimo

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