C’è tempo – Arcobaleni

Il nostro parere

C’è tempo (2019) ITA di Walter Veltroni

Stefano è un quarantenne precario che fa l’osservatore di arcobaleni e il guardiano di uno specchio che riflette i raggi del sole illuminando il paesino di Viganella, dove l’uomo si è trasferito insieme alla moglie Luciana. Stefano viene raggiunto da una notaia che gli affida la tutela legale di un ragazzino, Giovanni, che risulta essere suo fratellastro, in quanto figlio di secondo (o terzo, o quarto….) letto di quel padre che Stefano non ha mai conosciuto.

Veltroni ha diretto il film con l’occhio del cinefilo, costellandolo di citazioni che sono vere e proprie dichiarazioni d’amore, omaggi espliciti alla sua iconografia personale. Si parte dai 400 colpi di Truffaut e si progredisce con la toccata e fuga nel Fulgor restaurato di Fellini, attraverso il passaggio dalla cascina di Novecento, per chiudere con la visione televisiva di un’intervista a Scola e Mastroianni.

D’altro canto il personaggio di Giovanni, il bambino, si edifica sulla tragica esperienza personale del regista che ha perso, proprio come  lui, il padre in tenera età. Cinema-ricordo e cinema-specchio sono gli elementi fondanti del lavoro veltroniano, così come il contenuto, la narrazione, si attesta su una visione del mondo colmata dal buonismo sparso a piene mani dall’autore.

Sentimenti di questo tipo spiattellati senza mediazione sullo schermo hanno bisogno di una sceneggiatura molto regolata, misurata nel dosaggio di scene madre e sentimenti. Purtroppo questo elemento viene a mancare in diverse occasioni. Le metafore sono esibite (lo studioso di arcobaleni….), alcuni momenti sono fuori fuoco vogliamo parlare della discussione con l’imprenditore parmense senza alcun senso?), altri sono decisamente stereotipati.

La chimica tra gli attori riesce grazie al mattatore Fresi che ha il compito di dare logorroicamente forza ai dialoghi, ma la recitazione del bambino è forzata e innaturale. Per il resto si ammirano alcune immagini, ringraziando l’autore per i momenti nella location bertolucciana, così come si apprezza il tono leggero dell’opera complessiva.

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