L’odio colpisce due volte – Ritorno

Il nostro parere

L’odio colpisce due volte (1951) USA di King Vidor

Shelley conosce in circostanze fortuite un giovane appena assolto, grazie alla testimonianza di un’amica, dall’accusa di uxoricidio. La donna se ne innamora e lo sposa. Ma le sorprese non sono finite.

Nell’opera di tutti i grandi registi classici ci sono titoli che di solito vengono liquidati con indifferenza, persino con disprezzo, al punto da sopportare l’anatema di non essere degni del livello dei loro creatori. Questo film, invece, continua a godere di una pessima reputazione. Intendiamoci, L’odio colpisce due volte non emerge come nessuna delle vette del cinema del suo autore, ha dei difetti abbastanza ostentati, ma allo stesso tempo è efficacissimo come strano melodramma di suspense. Ci troviamo cioè di fronte a una proposta della Warner inquadrata in un tipo di cinema molto in voga in quel momento, che l’autore de LA FOLLA risolveva in ogni momento con maestria, e in non poche occasioni con sprazzi di notevole ispirazione. È proprio in quello squilibrio e rete di sottotrame che si trova la parte più evidente del suo fascino.

L’opera si basa su quella strana combinazione di generi che compongono l’ensemble. Un miscuglio che nel suo primo tratto affronta il cinema horror, in altri si comporta come un neowestern, mentre nei suoi momenti più intensi ha un respiro romantico che distingue il grande regista. Inutile dire che nel film non tutto è allo stesso livello. Che alcuni aspetti del comportamento introverso di Trevelyan siano eccessivi, con una sceneggiatura zoppicante, che il personaggio che Mercedes McCambridge incarna con convinzione manca della profondità necessaria. È un prodotto con ingredienti che non sono tutti di altissima qualità, ma che nella loro confluenza racchiudono molti motivi di interesse.

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