Lo chiamavano Jeeg Robot. Supereroe italiano

Il nostro parere

Lo chiamavano Jeeg Robot (2016) ITA di Gabriele Mainetti

E’ stato difficile per l’esordiente Gabriele Mainetti convincere i produttori ad investire in quest’opera, così anomala ed eccentrica rispetto alla normale produzione cinematografica italiana. Solo Salvatores ha puntato sul supereroe italiano con Il ragazzo invisibile, ma il protagonista è un bambino, un mutante. Questa volta al centro c’è uno sbandato, un borderline, Enzo Cecotti, che vive solo come un cane, senza affetti, incapace di dare un senso alla propria esistenza se non per piccoli furti che gli consentono appena di sopravvivere. Tutto questo avviene in una Roma avvelenata dalle bombe, immersa in un’atmosfera di grande violenza.

Mentre fugge, Enzo cade accidentalmente in un bidone di materiale radioattivo che gli dona una forza sovrumana e una sorta di invincibilità. L’immortalità acquisita lo spinge in primo luogo a procurarsi i soldi che ha sempre desiderato. Una volta avuto questo, si occupa casualmente di Alessia, bella borgatara con gravi disturbi mentali. Ad inseguirlo, lo zingaro, uno spietato trafficante chiaramente psicopatico.

Il primo supereroe italiano è un uomo di scarsa cultura, indurito dalla solitudine, isolato dal mondo. Solo quando capisce, infatti, che esiste qualcosa per cui vale la pena battersi, comprende il suo ruolo di salvatore. La sua redenzione avviene quando il suo sguardo si amplia, grazie all’amore di Alessia il suo cuore  si scioglie.

Lo chiamavano Jeeg Robot è stata la vera rivelazione della scorsa stagione sia per l’ambientazione scelta, sia per la coraggiosa scelta di genere. Mainetti si propone come un regista emergente e ha delle discrete intuizioni (il salvataggio della bambina) sia dal punto di vista visivo che dal punto di vista contenutistico. Con la limitatezza dei mezzi che aveva a disposizione, ha fatto quasi un miracolo. Tuttavia, l’opera appare sopravvalutata rispetto alla considerazione che ha avuto a livello critico. Certamente va confermato il notevole impatto di Luca Marinelli, quasi diabolico nel costruire lo Zingaro, così come lo sguardo attonito e dolente di Santamaria. La recitazione di Ilenia Pastorelli le è valsa il David di Donatello, ma lascia perplessi la scelta. Attendiamo di rivedere la Pastorelli impegnata in altro e magari fuori dal ruolo di coatta per comprendere il reale valore.

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