L’altro Fellini, un regista e la sua ombra

di Gianfranco Angelucci

E’ un film dolente “L’altro Fellini” che Roberto Naccari e Stefano Bisulli hanno realizzato sulla figura di Riccardo, il fratello minore a cui Federico avrebbe voluto negare il cognome per non ingenerare confusione. Rapporto intricato quello tra i due Fellini, che gli autori cercano di dipanare in un documentario di 68’ con il merito di riempire una tessera vacante nella biografia del grande riminese. Nel “Libro dei Sogni”, anche indagato nel documentario, Federico annota le sue ansie rispetto al secondogenito di un anno più giovane di lui; in più occasioni ne evidenzia il fisico atletico, il consenso unanime che riscuote, ed è geloso della preferenza che il padre Urbano mostra di avere per lui. Nell’inconscio lo avverte come un’oscura minaccia, e rivela di patire uno stato di inferiorità, al punto da raffigurarsi piccolo e nero di fronte allo sfavillante atletismo del fratello nella posa di un ginnasta agli anelli.

Fellini aveva forse sviluppato un complesso di colpa nei confronti di Riccardo, più sfortunato o meno dotato, rimproverandosi di non aver saputo, o voluto, aiutarlo quanto sarebbe stato necessario, quanto forse i legami familiari avrebbero richiesto. Questo è il tema svolto con partecipazione e diligenza dai due cineasti riminesi, raccogliendo documenti, prove fotografiche, testimonianze, episodi poco conosciuti. Quasi a voler risarcire il minore dei Fellini da una sorte matrigna, poco propizia, e da un’immeritata sparizione nell’ombra: un finale malinconico inevitabile accanto a un fratello così giganteggiante nell’ammirazione del mondo intero.

Riccardo che da ragazzo aveva una bella voce tenorile, avrebbe voluto affermarsi nel teatro lirico; poi era diventato attore, iscrivendosi al Centro Sperimentale di Cinematografia, e con Federico aveva partecipato alla realizzazione di “I vitelloni” mostrando sicure capacità di interprete. Ma non era mai riuscito a sfondare seriamente, ad andare più in là di ruoli da comprimario nei film che pure all’inizio gli venivano offerti. Dopo molto arrancare aveva deciso di esordire alla regia, con una sceneggiatura lieve e delicata, “Storie sulla sabbia” (1962) che i critici liquidarono al pari di una stanca emulazione del geniale fratello e gli spettatori non premiarono al botteghino.

In quella circostanza Federico, all’apice della gloria dopo “La dolce vita” gli aveva chiesto con insistenza di non firmare, per opportunità, con il cognome, ma Riccardo si era intestardito, legittimamente ma con un po’ di tracotanza; come affiora in uno dei sogni in cui Fellini gli mette in bocca una dichiarazione strafottente: “Voglio sfruttare commercialmente la tua notorietà”. Dopo quel flop mettere insieme un secondo progetto divenne impresa disperata. Per sopravvivere non rimaneva che seguire il consiglio del padre, subentrargli come rappresentante di alimentari e dolciumi: un compito fin troppo facile per lui, con la parlantina che aveva.

Moraldo Rossi, a quel tempo intimo compagno di Federico, afferma nel filmato che Riccardo era affascinante nell’espressione verbale non meno del più illustre fratello. Tuttavia era proprio impensabile per lui abbandonare il mondo dello spettacolo, il suo sogno, e trovò alla fine uno spazio da estroso documentarista televisivo sul mondo degli animali, che egli amava incondizionatamente. Al punto, come è noto, che uno scimpanzé, per troppo affetto, gli staccò un dito. A dire di Togni e di Nando Orfei sarebbe entrato senza paura anche nelle gabbie delle tigri, e trascorreva nei loro zoo tutto il tempo che poteva. Anzi aveva concepito un film “Stella cavalla da circo” in cui una splendida puledra bianca, sul punto di morire, metteva le ali e volava libera nel cielo. Quella puledra era lui stesso, destriero fantasioso mai stanco di chimere.

Lo conobbi nel 1974 quando curavo alla RAI “L’Ospite delle due”; venne a parlare dei suoi documentari, e degli animali verso i quali provava una curiosità insaziabile. Era simpatico, spontaneo, brillante. Nel volto assomigliava incredibilmente a Fellini, e nel bel filmato di Naccari e Bisulli ci sono immagini in cui sembrano gemelli. Riccardo se ne andò due anni prima di Federico, con la stessa malattia che colpì entrambi; Federico andava ogni giorno a trovarlo in clinica, per ore: l’istituto di riabilitazione gli appariva un girone infernale, ne era terrorizzato. “Non voglio fare la fine di Riccardo”, mi ripeteva a Ferrara quando, aggredito a sua volta dall’ictus, si prospettava per lui una fine analoga. Il fratello continuava a incarnare la sua zona buia.

Potrebbe piacerti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Email