I David di Donatello: la storia – 1

Il 12 giugno si terrà la consegna del premio David di Donatello per la stagione cinematografica appena conclusasi. Il David è uno dei più prestigiosi premi del cinema italiano ed equivale, per molti, all’Oscar nazionale. Al di là delle terribili serate televisive in cui si consegna il premio, vale la pena ricordare che con questa statuetta sono stati premiati tutti i più grandi registi italiani, pur in presenza di memorabili cantonate. Basta pensare al fatto che il film più premiato della storia è stato La ragazza del lago di Andrea Molaioli; un ottimo film, per carità ma pensare a 10 premi per una pellicola così mentre altre non hanno ottenuto nemmeno un riconoscimento fa pensare. Tant’è. La storia dei premi è fatto proprio di questi errori.

Il premio è assegnato dall’Ente David di Donatello dell’Accademia del Cinema Italiano. Ecco la lista dei primi film vincitori

1970

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (ex-aequo) Elio Petri  – Film esplosivo con un sontuoso GianMaria Volontè. Petri firma un apologo amarissimo sul potere e sulla democrazia. Il premio Oscar non solo è stato meritato ma è un segnale che il linguaggio del regista era capace di valicare le frontiere. Eppure Petri è stato complessivamente dimenticato; tranne gli addetti ai lavori il suo nome non viene più fatto. Ma chi ha incontrato il suo cinema non lo dimentica mai.

Metello (ex-aequo) Mauro Bolognini – Romanzo che fu oggetto di tante polemiche e film parzialmente riuscito. Molto bella la ricostruzione storica, interpreti che hanno giocato con il sottotono, guidati ottimamente da Bolognini, grande professionista.

1971

Il conformista (ex-aequo) Bernardo Bertolucci – Ancora oggi viene citato da molti registi nel mondo come esempio di costruzione e di gestione della trama. Trintignant è ambiguo e inquietante in modo impressionante. Ancora una riflessione sul passato fascista, ma soprattutto sul fascino del potere.

Il giardino dei Finzi-Contini (ex-aequo) Vittorio De Sica – Premio Oscar pur cedendo ogni tanto ad un certo romanticismo che non sempre fa bene alla storia. De Sica forse non è ispirato ma ci mostra il suo assoluto valore come regista.

Waterloo (ex-aequo) Sergej Bondarchuk – Grande ricostruzione storica e messa in scena ricchissima. Siamo nel campo del kolossal ma non nel capolavoro. Film complessivamente sopravvalutato, ma certamente di grande effetto.

1972

La classe operaia va in paradiso (ex-aequo) Elio Petri – L’ennesima interpretazione maiuscola di Volontè, feticcio di Petri ma anche mostruoso nel calarsi dentro il personaggio. Da ricordare il cameo di Salvo Randone, davvero impressionante. Petri non è mai un regista banale, la sua visione marxista non lo imprigiona nell’ambito dell’ideologia che reinterpreta con estrema libertà di pensiero. La sua morte prematura è stata una vera perdita per il nostro cinema.

Questa specie d’amore (ex-aequo) Alberto Bevilacqua – La sua recente morte lo ha momentaneamente estratto dall’oblio in cui era caduto, ma non è servito forse per rimpiangerlo veramente. Eppure negli anni 70/80 era uno scrittore ed un regista di moda, veniva invitato nei salotti televisivi, poteva essere indicato anche come maitre a penser. Il suo successo, però, non era solo fumo. C’era pure della sostanza come nello splendido La califfa e anche in questa dolente pellicola. Non abbiamo trovato un brano filmato se non in un’improbabile traduzione russa. Meglio puntare sulla colonna sonora.

1973

Alfredo Alfredo (ex-aequo) Pietro Germi – Pensare adesso che Germi ha saputo convincere un giovane Dustin Hoffman, già reduce da due pellicole cult come Il laureato e Un uomo da marciapiede, a venire in Italia per una commedia corrosiva fa impressione. Sottolinea la grandezza e la credibilità del cinema italiano all’epoca rispetto ad oggi.  Il film non è particolarmente riuscito, soprattutto per gli elevati standard di Germi. Premio forse alla battaglia civile combattuta dal regista a favore del divorzio: un periodo storico che fa sorridere oggi, ma allora creava un vero e proprio scontro sociale.

Ludwig (ex-aequo) Luchino Visconti – Maestosa opera di uno dei giganti del cinema italiano. Film lussuoso, eccessivo, debordante: tutto questo non è un difetto ma un pregio poiché l’immagine abbaglia non per l’eccesso ma per la profondità. Ogni oggetto del film rivive come di fronte al vero Ludwig. Il cast di attori è davvero grande, ma ancora più grande è il gruppo di tecnici che hanno creato questo miracolo, facendo letteralmente rivivere Linderhof come era all’epoca. Imperdibile.

1974

Amarcord (ex-aequo) Federico Fellini – Uno dei maggiori capolavori di Fellini. Qualunque parola sarebbe un’aggiunta poiché abbiamo già parlato tante volte di Fellini, del suo mondo incantato, della sua geniale fantasia narrativa.

Pane e cioccolata (ex-aequo) Franco Brusati – Commedia amara sull’emigrazione e l’identità nazionale. Brusati dirige con mano felice un Nino Manfredi in stato di grazia. Ci sono due o tre scene davvero notevoli

1975

Fatti di gente perbene (ex-aequo) Mauro Bolognini – I film di costume, ambientati all’inizio del novecento, erano un fatto di moda. Servivano, più che altro, a raccontare l’Italia corrotta degli anni ’70, a segnalare il disfacimento del ceto borghese, ormai irrimediabilmente in stato di decomposizione. Bolognini è molto bravo nella descrizione d’ambiente, nella direzione degli attori, nella gestione della trama.

Gruppo di famiglia in un interno (ex-aequo) Luchino Visconti – Uno degli ultimi grandi film di Visconti. Si tratta di un’opera struggente, un vero testamento spirituale. Il personaggio interpretato da Lancaster è una completa proiezione del regista che si riconosce sconfitto dall’età e immalinconito di fronte al disfacimento del mondo. Ci sono tutti gli elementi tipici del cinema viscontiano.


1976

Cadaveri eccellenti Francesco Rosi – Tratto da un romanzo di Sciascia, nelle mani di Rosi la storia diventa un giallo serrato ed angoscioso dai forti risvolti politici. Per qualcuno la metafora della “mostruosità” del potere segna il passo, ma resta una pellicola affascinante, interpretata da attori di grande spessore, su tutti il protagonista Lino Ventura.

1977

Il deserto dei Tartari (ex-aequo) Valerio Zurlini – Va riscoperta la figura di Zurlini capace di girare pellicole di culto, ora dimenticate, ma sempre oggetto di sorpresa e amore quando vengono riscoperte. Questa è una di quelle. Va detto che il raffronto con il romanzo non gioca a favore della pellicola che resta abbastanza scolastica perché appesantita in alcune parti. Resta, però, un certo fascino.

Un borghese piccolo piccolo (ex-aequo) Mario Monicelli – Probabilmente si tratta dell’interpretazione più grande di Alberto Sordi, gigantesco nel definire il travet Vivaldi distrutto dalle prove della vita e dalle disgrazie che l’hanno colpito fino a diventare mostro egli stesso. Polemiche contro il film all’uscita frutto dell’ideologia e di preconcetti. A distanza di anni, però, il film resta ancora attuale. Straziante il protagonista che vede il suo piccolo mondo distruggersi davanti agli occhi.

1978

Il prefetto di ferro (ex-aequo) Pasquale Squitieri – Affresco spettacolare sulla Sicilia fascista e sulla lotta che il prefetto Mori ingaggiò in quegli anni contro la mafia. Legato molto alla produzione di quegli anni, Squitieri mischia il genere poliziesco ad un ritratto storico. Il mix è felice nonostante qualche semplificazione e Gemma fa diventare la sua notoria staticità un punto di forza.

In nome del Papa Re (ex-aequo) Luigi Magni – Magni usa ancora la Roma papalina per parlare dell’Italia dell’epoca. E’ facile riconoscere nei cardinali, il potere democristiano, nei rivoluzionari i movimenti insurrezionali marxisti (forse anche i terroristi), nella violenta lotta per il potere quanto accadeva nella politica degli anni settanta (attentati, depistaggi, spionaggio). Il film mostra il passaggio degli anni, ma alcuni momenti sono davvero notevoli.

1979

Cristo si è fermato a Eboli (ex-aequo) Francesco Rosi – Lo scontro ideologico di chi credeva nel partito comunista, il tragico periodo storico condito dal terrorismo stragista spinge molti autori a riflettere sulle cause dell’affermazione del fascismo. Rosi, regista politico per eccellenza, utilizza il romanzo di Levi per affrontare la questione culturale (e meridionale) nel panorama italiano. Film splendido.

Dimenticare Venezia (ex-aequo) Franco Brusati – Brusati è un regista di alto valore ricordato più da chi lo ha premiato che dal pubblico. Eppure nel decennio vince per due volte il David, ottenendo anche un buon riscontro presso il pubblico. Bravissimo il cast di attori che si muove nel film come su un set teatrale.


L’albero degli zoccoli (ex-aequo) – Ermanno Olmi ricostruisce la cultura contadina bergamasca del fine ottocento con una perfezione entomologica. Il piccolo mondo antico, già affrontato nel precedente Da un paese lontano, affascina anche i giurati di Cannes che lo premiano con la Palma d’Oro. Attori non professionisti, luoghi reali, arredi d’epoca colpiscono ma è la capacità di ricreare il pensiero, la filosofia di un popolo colpisce e commuove.

1980

Non assegnato – La manifestazione si tenne ugualmente ma venne premiato solo il regista. Per la cronaca vinsero Gillo Pontecorvo per la regia di Ogro e Marco Bellocchio per Salto nel vuoto

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