La terra promessa (2023) DAN di Nikolaj Arcel
Ludvig von Kahlen nel 1755, caduto in disgrazia, si propone di conquistare l’aspra e inabitabile brughiera danese con un obiettivo apparentemente impossibile: fondare una colonia in nome del re. In cambio, riceverà per sé il titolo nobiliare.
“La terra promessa” è un film che si presenta come un insieme di molteplici storie in una. È un’epopea storica ambientata nella Danimarca del XVIII secolo, in un momento in cui le riforme agricole minacciavano di sconvolgere le rigide gerarchie sociali dell’epoca. Il film, diretto da Nikolaj Arcel, si sviluppa attraverso una narrativa che intreccia la lotta per la sopravvivenza con tematiche come l’ingiustizia sociale, la brutalità del potere e la resilienza dell’animo umano.
La storia è basata su eventi reali, anche se con molte licenze narrative. Il film trae ispirazione dal romanzo Il capitano e Ann Barbara di Ida Jessen, e la sceneggiatura, scritta dallo stesso Arcel insieme a Anders Thomas Jensen, riesce a bilanciare sapientemente il dramma storico con l’introspezione psicologica. La ricostruzione storica è notevole, sia nei costumi che nelle scenografie, che immergono lo spettatore in un’epoca dura e crudele, dove la bellezza della natura si contrappone alla brutalità degli uomini.
Uno degli aspetti più riusciti del film è proprio la caratterizzazione dei personaggi e l’evoluzione dei loro rapporti. Amanda Collin, nel ruolo di Ann Barbara, offre una performance intensa, e la sua trasformazione nel corso del film è forse la più radicale tra tutti i personaggi. Anche gli altri membri del cast, compreso Simon Bennebjerg nei panni del sadico nobile Frederik de Schinkel, contribuiscono a creare un mondo ricco di tensioni e conflitti. Il cuore dell’opera sta nella magnetica interpretazione di Mikkelsen, ormai attore completo, che sorregge l’opera per larga parte del tempo sulle sue spalle.
La fotografia di Rasmus Videbæk cattura alla perfezione l’atmosfera della brughiera, con i suoi paesaggi desolati e le condizioni climatiche estreme, che riflettono l’asprezza della vita dei personaggi. Ogni dettaglio, dalla luce soffusa delle candele nell’interno delle case, che ricorda le atmosfere di Barry Lyndon, alla crudezza dei paesaggi esterni, contribuisce a creare un ambiente che è al contempo reale e fiabesco.
Ciononostante, il film non è privo di difetti. La trama, sebbene ben costruita, soffre di una certa ripetitività negli scontri tra Ludvig e i suoi avversari, che a volte rischiano di risultare prevedibili. Tuttavia, ciò che mantiene alta l’attenzione dello spettatore è l’evoluzione interiore di Ludvig e delle persone che lo circondano. La loro umanità emerge in ogni piccolo gesto, rendendo tangibili le loro speranze e sofferenze. Questo livello di dettaglio permette al film di trasformare anche i momenti più semplici in qualcosa di notevole, come quando il primo fragile germoglio emerge dalla terra, simbolo di una speranza che resiste nonostante tutto.