Dna – Le radici dell’amore

Il nostro parere

DNA – Le radici dell’amore (2020) FRA di Maiwenn

Neige, divorziata e madre di tre figli, sta attraversando una profonda crisi di identità. Emir, il nonno algerino, vero pilastro della famiglia che tanto amava e ammirava, è scomparso e lei non sa darsi pace.

Inizia come un film corale, prima attorno alla festa per il nonno e poi per il suo funerale, ma poi l’opera di Maiwenn si concentra su un unico personaggio, Neige, interpretato dalla stessa regista. In questo passaggio risiede parte della confusione che genera la visione, spezzata tra il dolore familiare e la crisi personale.

Pensato come una riflessione sugli immigrati di seconda e terza generazione, il film vaga tra commedia e dramma, mettendo in scena più personaggi che poco alla volta si sfilano. Ultimo è quello della madre, una forsennata Fanny Ardant che ha perso cognizione di se stessa e del rapporto con la figlia.

Il difficile equilibrio tra i tanti elementi proposti propone una certa fragilità non riscattata pienamente da alcune scene interessanti.

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