Gli sfiorati. Amore ai limiti

Il nostro parere

Gli sfiorati (2011) ITA di Matteo Rovere

Mète fa il grafologo, non ha una relazione fissa ed è roso da un tarlo interiore probabilmente determinato da un’infanzia infelice a causa dell’abbandono del padre. Proprio questo padre si sta per risposare con la donna per cui ha abbandonato la madre di Mète ormai morta. La figlia di secondo letto, Belinda, va a vivere a casa sua mentre si organizza il matrimonio. Il giovane, turbato dalla presenza della sorellastra, cerca di uscire il più possibile, intreccia una brevissima relazione con una donna più grande, esce con gli amici: uno è un donnaiolo superficiale e nevrotico nella sua sessualità, l’altro è un padre separato tormentato. Mète non sa chi è, “sfiora” la vita senza capire la direzione che sta prendendo, attratto irresistibilmente da Belinda che ciondola in intimo davanti a lui per tutto il tempo.

Rovere ha raggiunto il successo con l’ultimo Veloce come il vento, ma negli Sfiorati mostra una certa maturità nella conduzione della storia, nella gestione dei personaggi. Il romanzo di Veronesi cerca di fare il punto su una generazione, ma quest’aspetto resta laterale nella versione cinematografica. La sessualità di Belinda è troppo eccessiva ed invadente al punto da ricordare più Malizia che un personaggio misterioso e seduttivo. Proprio questa parte somiglia ad una posa, più che ad un concetto, accenna alla prurigine più che alla profondità. Meglio il variegato mondo di questi uomini immaturi, incerti che vagano da una festa all’altra senza una reale ragione, annoiati dall’esistenza da cui non riescono a trarre senso. Il film, quindi, procede ondivago con alti e bassi. Bravo Andrea Bosca, rimandata Miriam Giovanelli, emergente Michele Riondino.

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