Fuga in Francia – Dopoguerra

Il nostro parere

Fuga in Francia (1948) ITA di Mario Soldati

1945: Torre è un criminale di guerra: evade dalla prigione, trova rifugio in un collegio, dove ritrova un vecchio amico d ‘infanzia, coinvolge suo figlio nella fuga verso la Francia, uccide una donna che lo riconosce.

Film di spessore, anticipatore di molti temi e anche, in parte, ispiratore di opere successive di Pietro Germi. Quest’ultimo, infatti, appare tra i protagonisti e non può non essersi ricordato di questa esperienza quando due anni dopo ha girato Il cammino della speranza. Naturalmente parliamo di un regista con un suo stile personale che ha rielaborato la propria esperienza, nonchè solo dell’ultima parte del film, ambientata sulle Alpi.

Si parla di neorealismo che c’entra solo relativamente, più per l’atmosfera complessiva e per i ruoli di contorno che per l’effettivo contenuto. Parliamo, infatti, di attori di lustro, professionisti, oltre che di una sceneggiatura letteraria, molto precisa e dettagliata. La regia è comunque stringente, efficace aiutata dalla fotografia pulita di Scala.

Soldati era giudicato calligrafico, troppo attento agli aspetti formali e poco a quelli dell’impegno politico così tanto in voga allora. Eppure in quest’opera, che va giustamente riscoperta, si può notare uno sguardo attento ai problemi sociali attraverso molti dettagli. Invece di proporre un tema ideologico, l’autore si sofferma i costumi e i modi, facendo trasparire il contenuto politico di quegli anni, il contesto di estrema povertà e di deprivazione morale causato dal fascismo e dai tanti anni di guerra.

Aiutato dagli interpreti (Folco Lulli doppiato da Mario Basesti), il regista ha creato un’opera composita e riuscita.

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