Enea

Il nostro parere

Enea (2023) ITA di Pietro Castellitto


Figlio di una famiglia borghese di Roma, Enea si diverte con l’amico Valentino frequentando le feste più esclusive e spacciando droga. Quando Enea finisce in un giro di droga più grande di lui, capisce che può contare sull’amore di Eva.


“Enea”, il non-thriller di Pietro Castellitto, mette alla prova la capacità di resistenza dello spettatore con il suo ritratto di romani benestanti che chiacchierano incessantemente del vuoto che li invade. Questo film lungo e prolisso cerca di esplorare l’ipocrisia, la superficialità e la decadenza morale degli italiani ricchi, ma risulta troppo immerso in quel mondo per avere un impatto significativo. Il risultato è un’opera priva di anima e autoindulgente, piena di tecniche appariscenti e stilizzazioni ostentate, ma che non ha quasi nulla di rilevante da dire sui presunti fardelli del privilegio.

La libertà di scrittura e di messa in scena che ritroviamo in “Enea” sorprende e spiazza, e in qualche modo attrae e incuriosisce. Castellitto riesce a restituire una ricchezza di linguaggio e di toni cui non siamo abituati nel nostro cinema. Tuttavia, se da una parte lo stile e le trovate singole possono colpire, dall’altra non riesce a maneggiare la struttura narrativa nel suo insieme e a sviluppare un discorso coerente sulla romanità di Roma nord.

Il film inizia con il trentenne Enea e il suo migliore amico Valentino che parlano con la madre di Enea, una presentatrice TV, delle persone spezzate con un futuro incerto. Questo tema si ripropone lungo tutto il film, ma sembra superficiale, proveniente da un protagonista e una performance egocentrici. Ispirato nominalmente dall’Eneide di Virgilio, il film segue Enea nelle sue attività mondane, dal club di tennis al tavolo da blackjack fino al ristorante di sushi che gestisce.

Il padre dello sceneggiatore, regista e attore protagonista, Sergio Castellitto, noto per il ruolo di psicoterapeuta nella versione italiana di “In Treatment”, offre un’ulteriore strizzatina d’occhio al pubblico nazionale interpretando un altro terapeuta, il padre desolato di Enea, troppo immerso nei libri per guardare alla vita. Tuttavia, né Celeste né il film forniscono molta introspezione psicologica su Enea o sulla sua generazione e classe.

Il cinico sarcasmo di “Enea”, che si manifesta attraverso uno sguardo a metà tra lo scherno e la pietà, è una delle sue maggiori qualità. Castellitto non fa sconti a nessuno dei suoi personaggi, generando scaramucce, scontri, meschinità varie e situazioni divertenti. Tuttavia, i continui fuochi d’artificio e rilanci narrativi perdono brillantezza e coerenza, soprattutto nell’ultima parte del film, dove le varie questioni lasciate in sospeso avrebbero dovuto trovare una risoluzione.

In conclusione, “Enea” è un’opera che tenta di distinguersi per la sua libertà creativa e il suo stile audace, ma finisce per perdersi nella sua stessa autoindulgenza e mancanza di sostanza narrativa, riflettendo la superficialità del mondo che cerca di criticare.

 

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