E’ andato tutto bene – L’addio

Il nostro parere

E’ andato tutto bene (2021) FRA di Francois Ozon


Dopo essere rimasto parzialmente paralizzato a seguito di un ictus, un ottantacinquenne chiede alla propria figlia di aiutarlo a mettere fine alle proprie sofferenze.


François Ozon adatta un romanzo di Emmanuèle Bernheim, la sceneggiatrice, scomparsa nel 2017, con cui ha collaborato più volte (Sotto la sabbia, la piscina) e verso cui nutriva un affetto profondo che ha indubbiamente un ruolo nella tenerezza che permea il film anche nei suoi momenti più strazianti.

Questa tenerezza è infatti al centro del nesso di tensioni che animano un’opera che appartiene al lato più pacato e sommesso della variegata filmografia di Ozon, pur trattando vicende di vita incredibilmente drammatiche. L’uomo di 85 anni visto qui è irascibile, casualmente crudele, a volte violento e, nelle stesse parole di Emmanuele, “non un buon padre”. Ma lei lo ama. Da questa straziante dicotomia nasce la lotta interiore della protagonista. Eppure, questo non è un film su una figlia che regola i vecchi conti con il suo vecchio prima che muoia.

Ozon dipinge in poche e selezionate pennellate un’immagine di relazioni difficili ma nondimeno amorevoli, abbastanza chiara da consentire allo spettatore di comprendere le complicate emozioni – che vanno dalla rabbia alla delusione, dalla tristezza alla frustrazione, dall’amore profondo all’odio amaro – utilizzando un registro antiretorico, senza concedere nulla allo spettacolo.

Ozon è attento a non trasformare il padre malato in una caricatura tirannica ed è sempre preciso nell’inserire momenti di risate e tenerezza per spezzare la tensione poiché i film di Ozon nutrono spesso un’ambizione smisurata nella descrizione dei sentimenti sepolti sotto le convenzioni sociali.

Si potrebbe sostenere che anche la moderazione emotiva dei suoi protagonisti, la loro dignità nell’affrontare un evento così importante, è ambiziosa. Ma la performance del cast sostiene questa idea grazie allo splendido lavoro compiuto da Dussolier per ridarci un malato fin nell’interiorità, così come la delicata interpretazione della Marceau, bella, dolente e profondamente espressiva.

 

 

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