Copia originale (2019) USA di Marielle Heller
Nella New York degli anni Novanta, Lee Israel è una scrittrice frustrata e dedita all’alcol che a malapena può permettersi di pagare l’affitto e le bollette. Alla disperata ricerca di denaro, la donna idea un piano per falsificare lettere di scrittori famosi e venderle a biblioteche e collezionisti.
La classica storia vera che sembra abbastanza incredibile può dare la svolta a Melissa McCarthy che abbandona le commedie simil demenziali per affrontare un ruolo duro e urticante, incarnando un’anti eroina alcolista, sovrappeso e dannatamente nemica della vita. Così la disgraziata esperienza di Lee Israel ci mostra un dramma da camera in cui due personaggi votati all’autodistruzione si consumano truffando per cercare di sopravvivere a se stessi e ai propri fallimenti.
I due losers, la Israel appunto e il suo amico Jack Hock, sono un concentrato umano di disperata e violenta voglia di vivere. Si riconoscono subito per questa comunanza e diventano amici per poter contemplare in compagnia la propria fine. Sono disposti a tutto e precipitano senza patemi morali nella truffa per potersi permettere il lusso di odiare il mondo.
Girato in una perfetta New York anni ’80, l’opera conta su una sceneggiatura che non cede mai a sentimentalismi e a trabocchetti consolatori. Lee è odiosa come essere umano e non c’è assoluzione per quello che ha compiuto. La Heller la mostra nella sua complessità e poliedricità grazie a toni leggeri, privi di moralismo, che ci restituiscono un mondo ingiusto dove gli esseri umano solo soli sul cuore della terra. E non c’è raggio di sole, talvolta, a consolarli.
Bravissimi sia McCarthy, candidata giustamente all’Oscar poi andato a Olivia Colman per La favorita, che si mostra attrice drammatica di alto livello, sia Grant che si ripropone magnificamente in un ruolo che si ritaglia sulla sua persona.
