Il generale della Rovere (1959) ITA di Roberto Rossellini
Al tempo dell’occupazione tedesca un truffatore, Bertone, viene arrestato dalle SS: è accusato di essersi fatto versare delle somme dai parenti dei fucilati e dei deportati, vantando inesistenti aderenze presso il comando tedesco. Ora lo stesso uomo è esposto al pericolo di essere fucilato; ma all’alto ufficiale che lo interroga viene l’idea di valersi dell’abilità dimostrata dall’imputato nel tessere imbrogli per i propri fini.
Il film valse a Rossellini il Leone d’oro per il miglior film al Festival del cinema di Venezia nel 1959 (insieme a La Grande Guerra) e la sceneggiatura fu nominata all’Oscar per la migliore sceneggiatura, soggetto e sceneggiatura di Sergio Amidei, Diego Fabbri e Indro Montanelli.
Nonostante sia poco citato, merita una revisione critica per rivalutarlo, soprattutto per il quadro nitido dell’Italia di quegli anni e anche per l’aspetto formale che è davvero apprezzabile.
Rossellini e Piero Zuffi hanno lavorato anche alla sceneggiatura, che è tratta da un racconto di Indro Montanelli, a sua volta tratto da una storia vera. Nonostante i punti deboli della scrittura, per il resto è un film ben fatto. Messemer è quasi bravo quanto De Sica; è credibilmente calcolatore e spietato, senza diventare mai una minaccia unidimensionale: il suo ultimo momento di rimpianto è molto genuino. La regia di Roberto Rossellini è adeguata, anche se disadorna; più degna di nota è la colonna sonora di suo fratello Renzo, che esalta piacevolmente il dramma in ogni sua parte: ha il fascino che manca alla regia. E la fotografia in bianco e nero di Carlo Carlini è nitida nei suoi tagli di luce, con il discorso di Bardone ai suoi compagni durante il raid aereo che colpisce particolarmente.