Un ragazzo d’oro. Il pilota automatico di Avati.

Il nostro parere

Un ragazzo d’oro (2014) ITA di Pupi Avati

Era  davvero necessario ingaggiare Sharon Stone per farle fare un ruolo che qualche migliaio di attrici avrebbe fatto ugualmente bene? Resta un mistero, infatti, il perché della scelta della star hollywoodiana visto che è confinata in un ruolo veramente inutile. Si capisce il tentativo di fare battage, ma tanto valeva prendere Carol Alt o Sidney Rome per fare lo stesso identico personaggio.

Accantonato il mistero, resta sempre Pupi Avati, uguale a se stesso in tutte le sue produzioni: con i difetti e i pregi. Tra i pregi la gestione dell’immagine, della costruzione cinematografica e una storia sempre con spunti originali. Bella anche la descrizione di un certo sottobosco del cinema nostrano cui Avati, bisogna ammetterlo, non si è mai piegato. Il regista bolognese, infatti, non è mai caduto nella facile volgarità, nella scontatezza delle trame, mantenendo sempre l’eleganza e lo stile anche nei lavori meno riusciti.

Tra i difetti l’incapacità di saper usare fino in fondo questi spunti. Ormai, Avati inserisce il pilota automatico quando dirige e le sue storie finiscono invariabilmente nello stesso modo: il protagonista assiste disilluso alla sconfitta, all’impossibilità di cambiare il proprio destino.

Insomma, Avati allunga la sua lista di sconfitti con il personaggio di Davide, interpretato da Riccardo Scamarcio, abbastanza bravo e a suo agio nel ruolo. Come tanti altri si illude di poter raggiungere qualcosa che sfugge sempre. Come al solito, la conclusione è crepuscolare, quasi disperata, dove il protagonista si arrende al fluire della vita, accettando l’ineluttabilità della sconfitta. Da citare Giovanna Ralli.

E, quasi sempre, lo spettatore si chiede se questo film non l’aveva già visto da qualche parte.

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