The covenant

Il nostro parere

The covenant (2023) USA di Guy Ritchie


Durante la guerra in Afghanistan, un interprete locale rischia la propria vita per portare in salvo il sergente John, gravemente ferito, attraverso chilometri e chilometri di un sentiero remoto ed estenuante.


Ritchie ha un po’ smarrito la sua strada. Quel misto di rabbia e humour dei suoi primi film si era già stemperato nei Sherlock Holmes creativi ma più rispondenti al canone dell’action. Da allora, però, oltre che perdere parte del suo stile ha anche manifestato un’involuzione nella strutturazione delle successive opere. The covenant, infatti, avrebbe potuto essere più di un film di guerra muscoloso ed esagerato. Avrebbe potuto essere una stimolante riflessione di ciò che è andato storto in Afghanistan, ma c’è poco da fare se Ritchie preferisce portarlo sul territorio contiguo a James Bond rigettando il fermo realismo che governa la prima metà del film.

Gyllenhaal fa del suo meglio per sostenere i costanti passi falsi del regista, ma man mano che le esplosioni diventano più grandi, il rallentatore diventa più lento e i proiettili sembrano volare più lontano il suo scavo interiore diventa pleonastico, uno sforzo inutile perché perso in una rambizzazione insensata.

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