Rambo – Last blood (2019) USA di Adrian Grunberg
Rambo si è ritirato a vita privata in Arizona. Quando però riceve la notizia che una giovane a lui legata, dopo aver attraversato il confine con il Messico per andare a una festa, è stata rapita, decide di andare nella sua ricerca.
Dopo aver rispolverato dagli armadi Rocky, ora Sly prova a riportare sugli altari anche Rambo, l’altro suo alias cinematografico più noto. Per Rocky siamo a quota 8, Rambo lo segue a quota 5, con periodici ritorni sempre a ruota del suo fratellino pugile. Dopo aver avuto timidi successi con Rocky, Stallone ritira fuori il suo eroe guerriero nel tentativo di battere il ferro caldo del botteghino.
Si chiude un cerchio se non altro a livello di titoli, nella speranza che non ci siano ulteriori ritorni, se non altro per la vetusta età dell’attore protagonista, sempre meno credibile e fin troppo rifatto, ahimè, nel volto. Questo è infatti sottotitolato Last blood mentre il primo (eravamo nel 1982) aveva come titolo originale First blood. Le similitudini si fermano però qua.
L’ex soldato deve ancora vendicare qualcuno, una nipote spuntata chissà da dove, che viene rapita, drogata e condotta alla morte da una gang messicana. Rambo non riesce a salvarla, ma la sua vendetta calerà implacabile con una strage finale tra il pulp, l’horror e l’incredibile. Nel suo ultimo massacro Stallone si inventa una serie di morti orribili con il finale tra il ridicolo e il comico.
Se Rocky è rinato, infatto, il merito va a Ryan Coogler che ha riportato il personaggio alla credibilità senza retorica. Non appena, infatti, Stallone è ritornato a guidare la baracca, invece, ha spinto il pedale sull’acceleratore sull’enfasi, il cattivo gusto e il Kitsch. Così è successo anche a Rambo, travolto dall’ego dell’attore incapace di dare spessore alle sue intuizioni. Il paesaggio, l’ambientazione potevano dare un senso all’operazione che crolla nel grottesco.
