Otto e mezzo. Mille modi di dire io

tratto da L’Italia di Fellini di Giovanni Scolari (2008) edizioni Sabinae

L’autobiografismo del film appare fin dal titolo, Otto e mezzo, che dovrebbe essere riferito al numero di pellicole girate da Fellini come regista; il condizionale è d’obbligo in quanto non è molto chiaro quale calcolo stia alla base di questa numerazione.

L’interprete prescelto per il ruolo da protagonista è, ancora una volta, Marcello Mastroianni che Fellini considera suo vero e proprio alter ego. Prima dell’inizio delle riprese Fellini ha ospitato l’attore romano per circa tre mesi. L’ha fatto dimagrire e gli ha detto di osservarlo in ogni suo movimento per entrare meglio nel “personaggio”. Il processo di assimilazione compiuto da Mastroianni raggiunge risultati eccellenti al punto che anche Rinaldo Geleng rimane meravigliato per quanto l’attore, nonostante le diversità fisiche, sia riuscito ad assomigliare al cineasta riminese in ogni atteggiamento e anche nel modo stesso di esprimersi.1  La ricerca del resto del cast avviene, come sempre, in modo abbastanza casuale. Spesso il regista ferma delle persone per strada che nota in atteggiamenti particolari, oppure mette annunci eccentrici sui giornali.

Risolto il travaglio interiore e scelta la via autobiografica, tutto diventa più semplice. Le riprese iniziano il 9 maggio 1962 e si concludono nell’ottobre dello stesso anno. Il finale viene girato in settembre. In un primo momento il girotondo che conclude il film viene concepito come “prossimamente“, ma la scena è riuscita talmente bene che in fase di montaggio si decide di usarla come finale.

Otto e mezzo giunge nelle sale cinematografiche il 15 febbraio del 1963. L’importanza del nuovo lavoro felliniano è evidente a tutti fin dal primo momento e in questo senso vanno anche i giudizi della stampa. A differenza delle due pellicole precedenti, non viene, inoltre, imbastita alcuna campagna moralista e anche la Chiesa Cattolica non oppone nessun tipo di pregiudizio al nuovo capolavoro di Fellini che viene comunque classificato dal CCC nella categoria “adulti con riserva” motivando tale decisione con l’assenza nel film di “una prospettiva integralmente cristiana” oltre che per “la presentazione unilaterale e ingiusta di una Chiesa archeologica assente nel mondo moderno“.

Tuttavia si assiste al solito balletto dei distinguo che mirano a sminuire l’importanza di Otto e mezzo. La realizzazione del film “appare globalmente disomogenea, tanto scaltramente orchestrata2. Le osservazioni mosse all’opera sono innumerevoli al punto che conviene citarle in ordine sparso. Per Visentini il film “resta uno spettacolo esteriore e freddo3; per Bruno i simboli sono “troppo elementari” e a Fellini è mancata “la visione storica dell’assieme4.  Il parere di Pio Baldelli è che il film non riesce a dare “l’allegoria del nostro tempo” in quanto il regista, limitando la sua analisi al mondo del cinema, non parla degli “altri, i prossimi e i lontani coinvolti in qualche modo5. Durissima è la presa di posizione della rivista Cinema60, nata nel luglio del 1960 sull’onda del successo internazionale della “nouvelle vague” francese, attraverso le parole di Lorenzo Quaglietti che definisce Fellini “retrivo” e incapace di uscire “dall’ambito di una del tutto personale, privata e [..] nemmeno sincera meditazione sulla natura umana6. E pensare che contemporaneamente Truffaut giudica in modo lusinghiero l’opera.

Insomma, il concetto essenziale resta forse quello espresso da Aristarco che, pur non negando la validità della pellicola, ritiene che “Otto e mezzo rappresenta l’evasione dal mondo adulto e il ritorno al facile mito della fanciullezza. A quella che possiamo chiamare una democrazia sentimentale7.

Il trionfo viene raggiunto al Festival di Mosca dove il film viene presentato in concorso il 18 luglio del 1963. L’attesa è enorme e alla conclusione il pubblico esprime la propria approvazione con un applauso che dura oltre 20 minuti e che resta per Fellini un’esperienza indimenticabile e commovente, tanto da essere ricordata dal regista come l’unico momento di grande emozione da lui provato alla proiezione di un suo film.8 L’affermazione di Otto e mezzo coglie di sorpresa la stampa ufficiale sovietica che reagisce definendo il film come “un’opera lontana dalla vita del popolo9. Cominciano anche le manovre per escludere il capolavoro italiano dai premi, ma la giuria, con una forzatura dei giurati occidentali che minacciano le dimissioni, le sventa e decreta il primo premio per la pellicola di Fellini. A suggellare il successo, giunge poi anche il terzo Oscar, oltre ad una infinita serie di riconoscimenti provenienti da tutto il mondo.

Sul territorio nazionale l’incasso è soddisfacente (755 milioni e nono posto stagionale) considerando che Otto e mezzo è un film piuttosto difficile e che il pubblico non sempre lo capisce, come a Cosenza dove degli spettatori aggrediscono il proprietario del cinema, in cui è programmato, pretendendo il rimborso del biglietto.10

L’opera di Fellini resta tra le più importanti della storia del cinema, questa valenza viene confermata dalle innumerevoli pellicole che si ispirano a quella felliniana. L’elenco, lunghissimo, comprende film come Alex in Wonderland (Il mondo di Alex, 1970) di Paul Mazurski, La nuit americaine (Effetto notte, 1973) di François Truffaut, All that jazz (1983) di Bob Fosse, Stardust memories (1980) di Woody Allen e La pelicula del Rey (1986) dell’argentino Carlos Sorin.

Otto e mezzo resta una tappa fondamentale della carriera di Fellini anche perché da questo film in poi inizia un periodo in cui, stimolato dagli incontri con degli psicanalisti di scuola junghiana e dalle letture dello stesso Jung, la psicanalisi diventa elemento essenziale per una maggiore comprensione delle sue opere11, unitamente all’esoterismo che cominciava a dilagare come moda nell’Italia degli anni sessanta.

1 Intervista con Geleng del 5.6.1995

2 R. Buzzonetti, Rivista del cinematografo, n. 4 del 1963, pag. 121

3 G. Visentini, Il Giornale d’Italia, 16.2.63

4 E. Bruno, Filmcritica, 1963, 131, pag. 172-173

5 P. Baldelli, Mondo Operaio, 1963, 2-3, pag. 56-57

6 L. Quaglietti, Cinema60, 1963, 33, pag. 5-6

7 G. Aristarco, La stampa, 28.2.1963

8 Intervista con Titta Benzi del 24.4.1995

9 A. Romanov, Izvestija, 31.7.1963, cit. in Film Selezione, 1963, 18, pag. 117-118

10 C. Costantini, ibidem, pag. 94

11 Liliana Betti (Cortefranca 1937- Adro 1998), strettissima collaboratrice di Fellini per molti anni, racconta che Otto e mezzo ha avuto origine anche da un lungo rapporto di terapia con uno psicanalista di scuola junghiana. Intervista del 14.9.95.

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