Il sacrificio del cervo sacro (2017) USA di Yorgos Lanthimos
Steven Murphy, un brillante chirurgo, conduce una vita da sogno con la moglie Anna, una nota oftalmologa, e i loro due figli adolescenti, Kim e Bob, fino a quando Martin, un adolescente senza padre, non si insinua nella loro vita.
Si sa che Lanthimos è per sua natura spiazzante. Le sue storie sono sempre girate da un punto di vista lontano, oggettivo e impassibile pure di fronte ad eventi sconvolgenti. Questa distanza permette di osservare la famiglia borghese al centro di un mondo vuoto e asfissiante. Come automi, morti viventi, i personaggi si atteggiano, lavorano, parlano, fanno l’amore. Non c’è traccia di umanità nelle loro relazioni ma solo formalità, riti, desideri freddi e glaciali.
Riprendendo il mito di Ifigenia, Lanthimos mette Steven di fronte ad una scelta insopportabile. Il sacrificio di uno dei suoi figli serve a cancellare il terribile errore compiuto anni prima durante un’operazione che aveva affrontato ubriaco. La scelta è inevitabile poichè senza di essa, tutta la famiglia morirà.
Lanthimos fa un uso smodato di inquadrature dall’alto che rievocano il pericolo incombente e ineluttabile. Con lentissimi zoom in avanti o all’indietro mantiene uno sguardo distaccato e sovrastante che richiama la cinica divinità che sorveglia gli uomini. Questa atmosfera oppressiva e stordente è tipica del suo cinema, ma non è completamente riuscita in questa pellicola, ricca di suggestioni visive nella costruzione delle immagini ma poco scorrevole nel dipanarsi dell’intreccio.