Holy motors (2013) FRA di Leos Carax
Carax è un regista di culto. Ha fatto pochi film, ma tutti misteriosi, maledetti, potenti dal punto di vista visivo e, contemporaneamente, oscuri, viscerali, tumultuosi. Holy motors è il completamento di questo percorso.
Al centro della scena, perennemente, il suo attore feticcio: Denis Lavant, protagonista di 5 dei suoi 5 lungometraggi. Lavant interpreta un misterioso uomo che passa da un personaggio all’altro, trasformandosi in continuazione e vivendo più vite. Il tutto senza una logica apparente ed un minimo comun denominatore, eccettuata Celine, l’autista della limousine che lo conduce da una vita all’altra. Difficile raccontare meglio la trama che non esiste.
Il film è zeppo di citazioni cinematografiche e di riflessioni psicologiche continue. Lo spettatore avveduto ed esperto riconoscerà facilmente le citazioni (Chaplin è fin troppo evidente), il tentativo di far cadere la quarta parete riprendendo il pubblico in un processo onirico di riconoscimento, la metafora dell’attore che cambia continuamente pelle ecc. ecc. Tutto questo resta lontano e autoreferenziale. Per questo convince poco.