Glory. Non c’è tempo per gli onesti (2016) BUL di Kristina Grozeva e Petar Valcharov
Tsanko Petrov, un operaio delle ferrovie, trova un’ingente somma di denaro sui binari. Decide di portare tutti i soldi alla polizia, e grazie a quest’azione riceve in cambio un orologio da polso che presto smette di funzionare. Allo stesso tempo, Julia Staikova, capo della sezione PR del Ministero dei Trasporti, perde il vecchio orologio di Petrov, un ricordo di famiglia. Inizia dunque una lotta disperata per recuperare il proprio orologio e la dignità.
Un film che ha vinto il Pardo d’Oro a Locarno, svelatore della realtà corrotta delle società postcomuniste. Si tratta di un apologo amarissimo in cui non vi è spazio per la speranza. La meschinità, la grettezza di una società putrescente dal proprio interno, dai vertici alle basi, si riversa su tutte le persone, rendendo indistinguibile la cattiveria dalla sciatteria, il pressapochismo dalla connivenza, la disperazione dalla brutalità. I registi conducono la prima parte dell’opera sul filo di un’ironia dissacrante, scivolando con graduale consapevolezza nel dramma kafkiano, nello spaventoso abisso dell’animo umano.