Era mio padre – Eredità

Il nostro parere

Era mio padre (2002) USA di Sam Mendes

Durante la Depressione, Michael, un killer della mafia, accompagnato dal figlio più grande cerca vendetta dopo che la famiglia è stata uccisa. Ad ucciderla è stato il figlio del boss, l’uomo  a cui Michael deve tutto e a cui vuole bene come ad un padre.
Fiammeggiante ed intenso sia per la messa in scena che per la fotografia magnifica di Conrad Hall, morto appena terminate le riprese, il film è ricordato anche perchè è l’ultima splendida interpretazione sul grande schermo per Paul Newman. Mendes, dopo il trionfo con American beauty, aveva bisogno di nuovi stimoli e li ha trovati in un noir che in realtà è un racconto di formazione.

Sullo schermo, infatti, troneggiano tre personaggi ma lo sguardo, il punto di vista principale, è quello di Junior che deve crescere rapidamente per affrontare la perdita traumatica e spaventosa della famiglia. E’ nel suo sguardo infatti che si ritrova il senso del titolo italiano (quello originale è Road to perdition) perchè ciò che conta nell’opera è la relazione padre-figlio, come quella che Michael vive con Junior ma anche con il suo capo, John, che lo ama come un figlio ma deve sacrificarlo per salvare il figlio naturale, incapace però di portare e avere amore
Nella morte dei due genitori, peraltro, si vede la differenza di fondo. Se John accetta le nefandezze del figlio e si immola nel tentativo di tenerlo in vita nonostante la sua malanima, per Michael è essenziale impedire al ragazzino di ripercorrere la strada della violenza che ha distrutto la sua famiglia inutilmente.

Sono tutti personaggi epici nella loro grandezza e nell’impossibilità di sfuggire ad un destino segnato. L’unica eccezione, ma anche qua troviamo riferimenti mitologici, è data dal killer di Jude Law, ossessionato  dalla morte al punto di cercare di fermarla nello sguardo. La scena in cui Michael sfida John è da antologia.

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