Drive my car – Guidando

Il nostro parere

Drive my car (2021) JAP di Ryusuke Hamaguchi

Ad un attore e regista teatrale rimasto vedovo viene assegnata un’autista, una ragazza di 23 anni apparentemente insignificante. Durante la realizzazione di uno spettacolo, tra i due si sviluppa una relazione molto speciale.

Il film di Hamaguchi, tratto da un racconto di Haruki Murakami, ha vinto sia il premio per la sceneggiatura a Cannes che il Golden Globe come miglior film straniero, ottenendo con ottime possibilità di vittoria anche 4 candidature all’Oscar.

Senza colpi di scena sorprendenti il film raggiunge la sua catarsi come un riscatto dalla sofferenza. Grande parte della riuscita è dovuta alla notevole performance dell’attore protagonista Hidetoshi Nishijima che mantiene una strenua compostezza fino a quando non riesce più a ingoiare la rabbia verso la persona che amava di più. I gesti stoici dell’attore forniscono una fortezza impenetrabile che non vuole rivelare alcun accenno del suo vero io.

Ricco di immagini sottili del direttore della fotografia Hidetoshi Shinomiya, il film estrae il maestoso simbolismo visivo da eventi apparentemente ordinari come la scena delle mani di Yûsuke e Misaki attraverso il tettuccio dell’auto per non lasciare che il fumo delle sigarette permei il loro sacro mezzo di trasporto: una tacita comunione di rispetto.

I personaggi prendono vita non nelle visioni di chi erano ma nel prodotto di quelle esperienze, in quello che sono ora. Nel tocco delicato e paziente della regia di Hamaguchi, i personaggi cessano di essere confezioni idealizzate fatte di parole ma eroi di un viaggio in cui la meta è un confronto spirituale con se stessi. “Drive My Car” conforta attraverso la sua poesia veicolare del dolore da cui corriamo, degli urti che ci risvegliano e della guarigione ottenuta.

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