Cold war – Nè con te nè senza di te

Il nostro parere

Cold war (2018) POL di Pavel Pawlikowski

Un musicista in cerca di libertà e una giovane cantante, fatalmente destinati ad appartenersi, vivono un amore tormentato in un’epoca difficile.

La citazione de La femme d’a cote era indispensabile perchè da questo filone discende quest’opera intensa e bellissima di Pawlikovski. Chiamato a confermare il successo planetario di Ida (2013), l’autore polacco sceglie ancora un limpido bianco e nero per rappresentare la storia di questo amour fou che porta entrambi all’autodistruzione. Fotografato da Lukasz Zal (ancora giovane ma già una certezza di qualità e classe) magnificamente, Cold War è un melodramma di grande valore giostrato nella Polonia postbellica durante la calata della cortina di ferro. Mirabili sono le riprese avvolgenti della scena jazz, che accarezzano l’esibizione di Zula, come mirabili sono i movimenti della macchina da presa

Contrappuntata da una colonna sonora variegata e felice, la storia d’amore tra Zula e Wictor è una vertigine, una caduta infinita per entrambi i protagonisti (portatori del nome dei genitori del regista). Zula è  prigioniera dei suoi tradimenti, mai spiegati, ma travolta dalla passione per Wiktor, passione enormemente ricambiata al punto che l’uomo sacrifica la propria libertà per raggiungerla nuovamente.

D’altro canto i tradimenti sono il trait d’union della pellicola che altro non è se non la somma delle menzogne. Il popolo viene tradito dai governanti, il coro tradisce i propri principi ispiratori per diventare colonia culturale russa e via dicendo.

Nello splendido spartito si avverte la sensazione di impotenza rispetto all’amore che attrae irresistibilmente l’altro pur sapendo che insieme non possono stare.

 

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