Anomalisa. In the mood of puppet

Il nostro parere

Anomalisa (2015) USA di Charlie Kaufman e Duke Johnson

Un film di animazione davvero anomalo (visto il titolo poteva essere altro?) quello proposto dalla coppia Johnson-Kaufman. E c’era da aspettarselo visto il pedigree di Kaufman, sceneggiatore e regista che ama spiazzare il pubblico con storie complesse, infinitamente avvolte su se stesse fino ad essere quasi incomprensibili. Quando Kaufman mantiene un sottile alone di mistero, fornisce prove davvero notevoli. Se il gioco non riesce è un attimo a scadere nel pleonastico e nella noia.

La stop motion alla base di questa pellicola serve non per rappresentare un mondo altro, ma il mondo reale. E in questo chiaro asincrono (non è quello cui siamo abituati) sta il merito di un’opera matura e completa. La tecnica di animazione dei pupazzi è ammirevole, raggiungendo livelli mai visti. Se normalmente, infatti, si privilegia l’aspetto grafico, qui si punta sulla duplicazione della realtà, il tema centrale di Kaufman.

Che qua, invece che giocare sulla tematica del doppio e dell’incomprensibile, fa un film realista mostrandosi apertamente falso, levando il presupposto menzognero della macchina cinema. L’equivoco è quindi voluto, così come confermato dai volti tutti uguali della folla anonima che gira attorno ai due protagonisti: Michael e Lisa. Gli altri -la moglie Donna, l’ex fiamma Bella (i nomi sono tutto un programma), il taxista, il cameriere ecc. ecc. – hanno la stessa faccia e la stessa voce. Gli altri sono i mostri, le nostre paure, le angosce che avvolgono Michael, convinto di non aver vissuto, di essere stato al centro di una finzione senza senso. E noi che ci poniamo di fronte a lui, sappiamo che tutto questo è vero proprio perché i protagonisti sono marionette.

Appare evidente come l’operazione sia concepita a freddo, in un modo opposto a ciò che si pensa dell’animazione. Un’animazione matura, adulta che colpisce per i suoi temi e la sua forma. Anche questo film, però, presenta lo stesso difetto degli altri di Kaufman. La narrazione rischia di diventare meccanica e troppo cerebrale, eccessivamente fredda. A volte questo rischio è evitato, a volte no. Vale comunque la visione.

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