10 american cult da riscoprire

Il cinema americano è così ricco da opprimere molti mercati in tutta Europa, compresa l’Italia. I blockbuster, poi, occupano praticamente tutti gli spazi, impedendo talvolta la visione di film da gustare fino in fondo. Questi film sono una risorsa incredbile, una palestra per attori che successivamente diventeranno esempi e divi. La ricchezza di queste pellicole è così ampia, vitale da abbagliare alla prima visione. Sono spesso film con grandi difetti, di autori che non hanno poi mantenuto le promesse, che non sono stati in grado di ripetere gli exploit. In quelle occasioni, però, ci chiediamo come il cinema americano sia capace di esprimere con tanta forza nuove idee, nuovi percorsi da seguire. Ecco una lista di film che tutti dovreste vedere per comprendere come gli Stati Uniti sono il luogo privilegiato della settima arte. Sono solo alcuni dei titoli che meritano il riconoscimento di “cult”. Per una parte di loro c’è già stato un tam tam continuo ed instancabile tra i cinefili, ma le nuove generazioni non possono sempre recuperare tutto. E’ necessario ricordare loro qualche film che vale la pena di amare, seguire. L’ordine è puramente casuale.

1. Donnie Darko (2001) di Richard Kelly. Uscito a ridosso dell’11 settembre 2001 e per questo penalizzato dalla distribuzione, è diventato una pietra miliare per molti, venendo indicato (in un impeto davvero eccessivo di megalomania) come uno dei dieci film più belli della storia del cinema. Il regista dopo ha infilato flop terribili per cui viene il sospetto che la riuscita combinazione tra esoterismo e fantascienza sia quasi casuale. In Italia è arrivato nel 2004. Da ricordare il protagonista (Jake Gyllenhaal) e alcune scene fantastiche in cui il mix tra musica d’epoca e virtuosismo tecnico è davvero notevole.

2. Guida per riconoscere i tuoi santi (2006) di Dito Montiel. Il regista è anche scrittore, quindi sceneggiatore. La storia è autobiografica, quindi lo scrittore, il regista, il narratore, il personaggio principale sono la stessa persona. Il film è intenso, carnale, vivo, disperato. Premiato al Sundance Film Festival, è stato girato grazie alla volontà di Downey Jr, anche produttore, oltre che interprete nella parte di Dito ormai adulto. L’attore ha scoperto Montiel in un reading e l’ha convinto a fare il passo nel cinema, per regarlare un film commovente e straziante.


3. Boys don’t cry (1999) di Kimberly Peirce. Film rivelazione al Festival di Venezia, poi l’Oscar alla protagonista Hilary Swank, ma quanti l’hanno visto? Film scabro, desolante nella solitudine della ragazza imprigionata in un corpo femminile, ma desiderosa di trovare un’altra parte di sè. Terribile nel deserto morale, nel vuoto totale di significato, di vitalità dei giovani della cittadina del Nebraska. Come si può vivere così? Eppure è accaduto. Strepitosi gli interpreti, brava la regista.


4. Roger Dodger (2002) di Dylan Kidd. Un film con una sceneggiatura scintillante. Un marpione quale Campbell Scott che tiene a battesimo la futura stella Jesse Eisenberg è la garanzia per un film molto teatrale, basato su un testo magnifico. La regia sostiene adeguatamente il testo, gli attori sono lasciati liberi di gigioneggiare e primeggiare. Un piacere per la mente e per gli occhi.

5. Onora il padre e la madre (2007) di Sidney Lumet. Certo non è minore il regista (un pilastro del secolo scorso), certo non è minore il cast, semplicemente favoloso. Eppure questa pellicola non è stata apprezzata come doveva perchè si tratta di un film magnifico, oscuro, straordinario, sconvolgente. Il titolo originale (Before the devil knows, you’re dead) è ancora più azzeccato. La storia è raccontata in ordine diacronico, con passaggi destrutturanti che non incidono mai sulla potenza espressiva. Che film e che attori meravigliosi!

6. Bobby (2006) di Emilio Estevez. Una serie di storie che si riuniscono nella tragica notte dell’attentato mortale a Bobby Kennedy. Estevez sceglie un film corale per raccontare la perdita dell’ingenuità, i dilemmi morali di una nazione, un passaggio epocale per la storia degli Stati Uniti. Le parole conclusive di Kennedy sono a monito di quanto è accaduto dopo nella nazione più potente del mondo. Attori eccezionali.


7. Shortbus (2006) di John Cameron Mitchell. Un film libero da ogni perbenismo e da molti preconcetti sul sesso e sulla sessualità. Una specie di performers che si esibiscono a fare da sfondo alla storia. L’ex potente sindaco di New York, Ed Koch, che disserta sulla propria omosessualità con naturalezza e limpidezza. Qualcuno potrà gridare allo scandalo, ma è chi non capisce la forza dirompente di questa pellicola il cui valore non sta negli interpreti un po’ evanescenti, nella sceneggiatura chiaramente inventata sul momento, ma sulla libera riflessione sul sesso. Fantastico.

8. Io non sono qui (2007) di Todd Haynes. Un film all’apparenza urticante perchè di difficile comprensione, dominato dall’idea di far interpretare Bob Dylan a sei attori diversi (persino una donna: Cate Blanchett) per raffigurare sei diversi momenti della carriera artistica del menestrello di Duluth. Il racconto si snoda tra citazioni, rimandi, musiche avvolgenti, immagini che giocano sui tempi e su pellicole d’epoca. Magnetico.

  

9. In the bedroom (2001) di Todd Field. La prima notte di quiete viene dopo la vendetta. Il film è gelido, terribile nel dolore senza consolazione della Spacek, nell’impossibilità di accettare il proprio destino. L’opera di Field pone agghiaccianti questioni morali perchè mette di fronte ognuno di noi all’ancestrale desiderio di sangue per chiudere una ferita. E la bellezza estetica non nasconde il fatto che in conclusione non sappiamo davvero cosa sia giusto e cosa sbagliato.

10. Essere John Malkovich (1999) di Spike Jonze.  Jonze è un regista che vive al limite: così si spiega la naturale collaborazione con Kaufman che disserta della duplicità dell’essere umano in ogni suo testo. A questa illuminazione geniale della sceneggiatura, si aggiunge la conturbante bellezza delle immagini, in particolare la scena della marionetta è poesia pura.

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