Tramonto – Fine di un’epoca

Il nostro parere

Tramonto (2018) UNG di Laszlo Nemes

Budapest, 1913. La giovane Irisz Leiter, tornata nella capitale ungherese dopo gli anni spesi a Trieste a studiare come modista, vorrebbe lavorare nella leggendaria cappelleria dei suoi defunti genitori ma il nuovo proprietario la respinge.

Una sorta di discesa nei gironi infernali attraverso cui Irisz va alla ricerca della verità, in una Budapest al collasso poco prima dell’inizio della guerra che distruggerà l’impero Austro Ungarico, come Musil ambientava nello stesso anno a Vienna la dissoluzione della stessa nazione. Il Tramonto prospettato dal titolo è la guerra che cancellerà ogni cosa, distruggerà un’epoca, incarnerà il secolo del male.

La macchina da presa pedina la donna da vicino come aveva fatto anche ne Il figlio di Saul, con la macchina a mano che resta alle sue spalle, a pochi centimetri da lei, nascondendo la visione delle cose, del paesaggio, del mondo intorno che appare sfuocato, oscuro, minaccioso, utilizzando frequentemente il piano sequenza per cercare un ritmo fluido negli spostamenti.

Un gioco impegnativo ed una prova di bravura tecnica per Nemes che indulge in questa tecnica perdendo di vista la trama diventando dispersivo.  Eppure è impressionante la capacità di ricostuire un micromondo con il virtuosismo della macchina da presa.

Notevole per certi aspetti, autoreferenziale per altri, Tramonto è una tappa nell’evoluzione del regista che si è imposto con un’opera prima straordinaria, chiamato ora a costruire una carriera che prescinde da quest’esordio. L’inizio è ben più che promettente. Trovata la misura, potremmo aver incontrato uno dei protagonisti del cinema dei prossimi decenni.

 

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