Sole, cuore e amore. Periferie meccaniche

Il nostro parere

Sole, cuore e amore (2016) ITA di Daniele Vicari

Eli fa una vita d’inferno. Sposato e con diversi figli, fa la barista a Roma per uno stipendio misero e per tantissime ore. Quando arriva a casa trova il marito, disoccupato, che cerca di darsi una dignità nel ruolo di casalingo. E’ un lavoro durissimo, senza pause, con poche soddisfazioni e momenti di tranquillità in famiglia. Vicina di casa è Valentina, ragazza fuggita dalla solidità borghese della famiglia per danzare e seguire i propri sogni. Il film è il racconto della loro vita.

Hitchcock diceva che il cinema è la vita con le parti noiose tagliate. Vicari non ha applicato questo principio basando la sua storia sul pedinamento delle due donne, seguite nei passaggi delicati dalla giornata. L’intento di rappresentare una realtà complessa come quella del subproletariato schiacciato dalla precarietà è nobile e significativo. Inutile nascondersi dietro un dito: realtà come queste esistono e proliferano. Tuttavia, le scelte registiche di Vicari non convincono per nulla.

Le due protagoniste hanno in comune solo l’edificio in cui abitano, ma la decisione di unire le due storie è incomprensibile. Il passaggio tra le due vicende risulta forzato, inutile, dispersivo. Il buco enorme sta in questa forzata convivenza tra due vicende che non hanno affinità. Anzi, quando si segue Valentina, si perde interesse anche per l’altra storia che deve essere recuperata, accettata nuovamente. Il film è noioso, nonostante la bellissima prova della Ragonese e la partecipazione di tutto il cast. Montanari, Acquaroli e Cruciani sono bravi e convincenti.

 

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