Registi morti nel 2021

Un discorso a parte bisogna farlo per Leon Gast (1936). Grande documentarista, ci ha dato il magnifico When we were Kings (1996) vincitore di un Oscar per il documentario sul mitico incontro Alì-Foreman tenutosi a Kinshasa. La necessità di fare una selezione ci costringe al solito doloroso taglio, pur sapendo che abbiamo escluso eccellenti professionisti che hanno contribuito nel loro piccolo alla storia del cinema.

Michael Apted (Aylesbury, 10 febbraio 1941 – Los Angeles, 7 gennaio 2021) Inizia la sua carriera lavorando per la televisione, collaborando con la Granada Television. Debutta sul grande schermo nel 1972 dirigendo Triplo eco con Glenda Jackson e Oliver Reed, ma conosce la popolarità grazie al film La ragazza di Nashville (1980), che ottiene ben sette nomination agli Oscar. Negli anni successivi dirige film come Gorilla nella nebbia (1988), Occhi nelle tenebre (1993), Nell (1994) e Il mondo non basta (1999). Nel 2001 dirige Enigma, mentre nel 2006 realizza Amazing Grace. Per la televisione ha diretto e prodotto alcuni episodi della serie televisiva Roma. Nel 2010 ha diretto Le cronache di Narnia – Il viaggio del veliero. Dal 2003 al 2009 è stato presidente della Screen Directors Guild.

Peter Del Monte (San Francisco, 29 luglio 1943 – Roma, 31 maggio 2021) Laureatosi in lettere, frequentò il Centro sperimentale di cinematografia, sotto la guida di Roberto Rossellini, realizzando come saggio di diploma il lungometraggio Fuori campo, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 1970. Nel 1975 realizzò il suo primo film distribuito nei circuiti commerciali, Irene, Irene; nel 1980 conquistò il Premio speciale della giuria alla 37ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con L’altra donna e, nel 1982, il Premio per il miglior contributo artistico al Festival di Cannes per Invito al viaggio. Regista sensibile e colto si era rivelato con Piso Pisello (1981) e confermato con Piccoli fuochi (1985). Alcuni insuccessi gli hanno limitato la carriera ma va senz’altro citato almeno l’intenso Compagna di viaggio (1996).

Juan Carlos Tabio (L’Avana, 3 settembre 1943 – L’Avana, 18 gennaio 2021) Il suo film, diretto assieme a Tomás Gutiérrez Alea, Fragola e cioccolato ha vinto l’Orso d’argento, gran premio della giuria al Festival di Berlino 1994. Con il collega ha poi diretto anche Guantanamera (1995).  Nel 2000 Lista de Espera è stato proiettato nella sezione Un Certain Regard al Festival del Cinema di Cannes.

Roger Michell (Pretoria, 5 giugno 1956 – 22 settembre 2021) Frequenta l’Università di Cambridge e, all’età di 17 anni, riceve il “Royal Shakespeare Company Goodbody Award”. Laureatosi nel 1977, Michell comincia il suo apprendistato presso il Royal Court Theatre, lavorando come assistente regista di autori quali John Osborne e Samuel Beckett. Comincia a scrivere e dirigere alcuni suoi progetti. Quello di maggior successo è “Private Dick” (1982), una commedia che vince il premio per il miglior opera d’avanguardia al Festival di Edimburgo. Nel 1985 Michell si unisce alla Royal Shakespeare Company poi dirige due miniserie e un documentario per la televisione inglese, prima di ottenere un ingaggio come regista di Persuasione (1995) che vince cinque BAFTA. Notting Hill (1999) si rivela un’altra grande occasione per Michell. Il film incassa 360 milioni di dollari in tutto il mondo e afferma Michell come regista di fama mondiale.  Da segnalare anche The Mother (2003) e A royal weekend (2012).

Melvin Van Peebles (Chicago, 21 agosto 1932 – New York, 21 settembre 2021) Nato Melvin Peebles, è considerato il fondatore del genere blaxploitation, grazie al suo film Sweet Sweetback’s Baadasssss Song. È il padre del regista Mario Van Peebles. Dopo essersi laureato, ha vissuto a Parigi, dove frequentò la scena underground. Esordì alla regia nel 1968, dirigendo The Story of a Three-Day Pass (conosciuto anche come La Permission), tratto da un suo romanzo. Nel 1970 debuttò ad Hollywood, girando senza successo L’uomo caffelatte, una commedia grottesca su un uomo bianco che si risveglia nero. Nel 1971 girò tra mille difficoltà Sweet Sweetback’s Baad Asssss Song, diventato uno dei film più noti della blaxploitation. Il film ebbe un successo clamoroso: costato appena 150.000 dollari, incassò più di 15 milioni. Nonostante il successo, i comportamenti e le dichiarazioni provocatorie gli resero difficile il seguito della sua carriera. Nel 1973 diresse un musical, Don’t Play Us Cheap. Negli anni ottanta lavorò esclusivamente come attore, quindi tornò a dirigere un film per il cinema nel 1989, con la commedia drammatica Identity Crisis.

Richard Donner  (New York, 24 aprile 1930 – Los Angeles, 5 luglio 2021) Nato Richard Donald Schwartzberg. Dopo qualche piccola esperienza come attore, ha esordito alla regia dirigendo spot pubblicitari e diverse produzioni televisive (serie e film apprezzati dal pubblico). Nel 1978 ha girato Superman, il suo primo grande successo commerciale. Con i successivi The Goonies (1985), Ladyhawke (1985) e la serie Arma letale (il primo capitolo è del 1987), è entrato nella storia del cinema. Sul finire degli anni Novanta ha accantonato la regia per dedicarsi alla produzione di serie televisive e pellicole (quali il fortunato X Men), tornando però dietro la macchina da presa con Timeline (2003) e 16 Blocks (2006, Solo 2 ore). E’ scomparso per un’insufficienza cardiaca.

Jean Marc Vallèe (Montréal, 9 marzo 1963 – Berthier-sur-Mer, 26 dicembre 2021) Debutta nel 1995 con Liste noire. Candidato a nove Genie Award, il successo in Canada gli permette di ricevere una notevole attenzione dagli studi hollywoodiani. In California dirige Posse II – La banda dei folli (1997). Nel 2005 diventa celebre grazie a C.R.A.Z.Y.. Il film viene presentato al Toronto Festival, dove riceve il premio per il miglior film canadese. La pellicola è un successo finanziario e di critica, ricevendo undici Genie Awards e tredici Jutra Award. Nel 2009 The Young Victoria riceve tre candidature ai Premi Oscar 2010, vincendo l’Oscar ai migliori costumi, nonché due premi BAFTA. Nel 2013 realizza Dallas Buyers Club, per cui gli attori McConaughey e Leto vincono l’Oscar 2014 per le loro interpretazioni. Nel 2014 dirige Wild, con protagonista Reese Witherspoon. Ha girato anche due interessanti serie televisive Big Little Lies e Sharp objects. È morto a causa di un arresto cardiaco mentre si trovava nel suo chalet a Berthier-sur-Mer.

Bertrand Tavernier (Lione, 25 aprile 1941 – Sainte-Maxime, 25 marzo 2021) Critico presso le più importanti riviste di cinema, ha esordito nel 1973 con L’orloger de Saint-Paul. Nei suoi film, fortemente influenzati dal cinema americano, ha dimostrato una spiccata sensibilità psicologica in quadri di grande realismo, sia rileggendo il passato, sia osservando criticamente la realtà a lui contemporanea. Tra le sue opere: Que la fête commence (1975); Le juge et l’assassin (1976); La mort en direct (1979); Coup de torchon (1981); Un dimanche à la campagne (1984); Round midnight (1986); Daddy nostalgie (1990); L627 (1992); La fille de d’Artagnan (1994). L’analisi sociale e generazionale, la vena intimista dei drammi storici e dei polizieschi ispirati ai fatti di cronaca, i temi della memoria e del dolore hanno continuato a caratterizzare il suo cinema in L’appât (1995), Capitaine Conan (1996), Ça commence aujourd’hui (Ricomincia da oggi, 1999), Laissez-passer (2001), cui ha fatto seguito, nel 2004, Holy Lola (La piccola Lola). Negli anni successivi ha diretto In the electric mist (2009), La princesse de Montpensier (2010), Quai d’Orsay (2013) e il documentario Voyage à travers le cinéma français (2016), da cui l’anno successivo è stata tratta una serie televisiva. Nel 2015 gli è stato assegnato il Leone d’oro alla carriera.

Monte Hellman (New York, 12 luglio 1929 – Palm Desert, 20 aprile 2021) Artista tra i più significativi del cinema indipendente americano, esordì nella regia con Beast from the haunted cave (1960), cui seguirono Back door to hell (1964) e Flight to fury (1966), interpretati da un giovanissimo J. Nicholson. I due film che lo fecero notare al grande pubblico furono Ride in the whirlwind (Le colline blu, 1966) e The shooting (1968) sempre con Nicholson, realizzati da indipendente, in economia, e riuscendo a trasformare le limitazioni produttive in originale scelta poetica. Tra gli altri film: Iguana (1989), Silent night, deadly night 3: better watch out! (1989), Stanley’s girlfriend (2006) e Road to nowhere (2010). Regista televisivo (telefilm Baretta, 1975), montatore (The killer elite, 1975, diretto da S. Peckinpah), e produttore (Reservoir dogs, 1992, Le iene, di Q. Tarantino). Strada a doppia corsia del 1971 è considerato uno dei più belli road movie della storia del cinema.

Lina Wertmuller (Roma, 14 agosto 1928 – Roma, 9 dicembre 2021) Nata Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich era figlia di un avvocato proveniente da una famiglia aristocratica di remote origini svizzere. A 17 anni si iscrive all’accademia teatrale di Pietro Sharoff; in seguito, è animatrice e regista degli spettacoli del teatro dei burattini di Maria Signorelli. Successivamente collabora con celebri registi teatrali, tra i quali Garinei e Giovannini. Lavora sia per la radio sia per la televisione, e in veste di autrice e regista alla prima edizione di Canzonissima e Il giornalino di Gian Burrasca con Rita Pavone. Inizia un lungo sodalizio artistico con Enrico Job, apprezzato scenografo teatrale, con il quale presto si sposa. È aiuto regista di Federico Fellini nelle pellicole La dolce vita (1960) e 8½ (1963). Il suo esordio come regista avviene nel 1963 con I basilischi che le valse la Vela d’argento al Locarno Film Festival. Nel 1968, sotto lo pseudonimo Nathan Witch, dirige un western all’italiana, Il mio corpo per un poker con Elsa Martinelli. Nella seconda metà degli anni 60 nasce la collaborazione con Giancarlo Giannini, che è presente nei suoi grandi successi Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…” (1973), Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974), Pasqualino Settebellezze (1976), La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (1978) e Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici (1978). Per Pasqualino Settebellezze, che ebbe successo anche negli Stati Uniti, la Wertmüller è candidata a tre Premi Oscar nell’edizione del 1977 (migliore regia, miglior film straniero, migliore sceneggiatura), mentre una quarta candidatura arriva a Giannini per la sua interpretazione del protagonista. Lina Wertmüller è la prima donna a essere candidata all’Oscar come miglior regista. Per le registe è sempre stata un esempio, non solo perché è stata la prima ad avere avuto successo dal punto di vista commerciale, ma anche perché erano in poche a fare questo mestiere. Il 1983 è l’anno di Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada, film che affronta con leggerezza e coraggio il tema del terrorismo. È autrice di diverse sceneggiature e regie teatrali, da Due più due non fa più quattro (1968) e Fratello sole, sorella luna (1972) (entrambi di Franco Zeffirelli). Nel 1992 dirige Io speriamo che me la cavo con Paolo Villaggio, mentre nel 1996 torna alla satira politica con Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica con Tullio Solenghi e Veronica Pivetti. Dopo Ferdinando e Carolina del 1999, torna dietro la macchina da presa con la serie tv Francesca e Nunziata del 2001 e il film Peperoni ripieni e pesci in faccia del 2004 entrambi con Sofia Loren. Nel 2010 le è conferito il David di Donatello alla carriera. Ha indagato con passione i ruoli sociali dell’uomo e della donna del Bel Paese nell’eterno dialogo tra il Nord e il Sud, tra la borghesia e il proletariato, dagli anni sessanta del secolo scorso ai giorni nostri, con uno sguardo sempre ironico e disincantato sulle evoluzioni politiche e sociali, dipingendo la società italiana a volte con toni grotteschi e pungenti, ma senza mai prendersi sul serio. Il 27 ottobre 2019 le viene comunicata l’assegnazione dell’Oscar onorario. Nella motivazione si legge: «per il suo provocatorio scardinare con coraggio le regole politiche e sociali attraverso la sua arma preferita: la cinepresa».

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