Perfect days (2023) JAP di Wim Wenders
Hirayama sembra perfettamente soddisfatto della sua semplice vita di addetto alle pulizie dei bagni di Tokyo e si gode i suoi hobby lontano dal lavoro. Tuttavia, una serie di incontri inaspettati lo costringono a confrontarsi con il proprio passato, a svelare una parte di sè
Per Wim Wenders, Perfect Days, rappresenta un ritorno alle origini, ricordando il suo classico Il cielo sopra Berlino (1987). Questo film è una testimonianza dell’evoluzione della carriera di Wenders, che fonde perfettamente le sue sensibilità documentaristiche con la fiction. In più è un atto d’amore verso uno dei suoi riferimenti stilistici, Ozu, ed il Giappone, da lui omaggiati con Tokyo Ga nel 1985.
Il film si apre con Hirayama nel suo piccolo appartamento, immerso nelle tonalità mattutine di viola e verde, che ricordano lo stile di illuminazione del defunto Robby Müller, storico collaboratore di Wenders. La giornata di Hirayama inizia con un sereno rituale: la toeletta, l’annaffiatura delle piante e uno sguardo gioioso al cielo appena esce di casa. Questo tranquillo rituale mattutino è accompagnato da un caffè preso da un distributore automatico e dalla meticolosa selezione di cassette audio per il suo furgone da lavoro. Nonostante le scelte musicali potenzialmente scontate—The House of the Rising Sun, un brano di Lou Reed e un finale di Nina Simone—la delicatezza con cui il film gestisce questi momenti e la performance sfumata di Yakusho assicurano che risuonino profondamente senza sembrare forzati.
La narrativa del film, adattata da racconti brevi di Takasaki Takuma e Wenders, introduce sottotrame minimaliste ma toccanti. L’attenzione di Wenders ai dettagli quotidiani è ulteriormente arricchita dal formato 1:33:1 del film, che esalta la qualità onirica delle visioni in bianco e nero di Hirayama. La scelta deliberata di evidenziare la cultura analogica—attraverso la preferenza di Hirayama per le cassette audio e una macchina fotografica analogica—funge da contrappunto alla onnipresenza dei media digitali, rinforzando la profondità tematica del film.
In Perfect Days, Wenders riafferma la sua passione per catturare la vita reale attraverso l’obiettivo della macchina da presa. Le imperfezioni dei media analogici, simili alla bellezza fugace del komorebi, sottolineano l’esplorazione delicata della vita quotidiana nel film. Questo approccio riflessivo segna un trionfante ritorno per Wenders, consegnando un film che risuona con profondità emotiva e poesia visiva.