Mia madre. Il distacco

Il nostro parere

Mia madre (2015) ITA di Nanni Moretti

Un film dolente, il racconto della recisione definitiva dal cordone ombelicale, vissuto con tristezza, malinconia, rimpianto: ecco cos’è l’ultima opera di Nanni Moretti. L’aspetto autobiografico ritorna predominante nel suo cinema che rappresenta la triste dipartita della sua vera madre, Agata Apicella, anch’essa professoressa di latino e greco come il personaggio interpretato mirabilmente da Giulia Lazzarini.

Moretti, forse troppo segnato dal dolore ancora vivo nonostante gli anni passati (Agata è morta nel 2010), si mette da parte scegliendo per sé un ruolo secondario e inserendo al centro, sotto i riflettori, un alter ego femminile, Margherita Buy, regista di un film sulle lotte operaie che fa fatica a vedere la luce.

Lei ed il fratello (Moretti appunto) devono affrontare la triste necessità dell’accompagnamento della madre verso la morte, in un progressivo spegnersi che alterna momentanee illusioni ad altrettanti feroci dolori. La difficile accettazione della gracilità del grembo materno mette in discussione ogni cosa, getta una luce retrospettiva sulla vita della regista che, impreparata alla morte, avverte la propria caducità e si chiede il senso dell’esistenza, discute sull’ordine dei propri valori, sul significato che ognuno di noi deve dare alla propria vita.

Questo tipo di dolore, così facilmente comprensibile per il mondo intero, è il momento focale di quest’opera matura e non autoreferenziale, interpretata benissimo da Giulia Lazzarini, davvero commovente, e da un cast variegato ed importante. Anche la recitazione enfatica di John Turturro trova una sua ragionevole spiegazione nella parte finale che dà conto della sua fastidiosa ed eccentrica presenza. Non si può non ricordare il suo Jesus del Grande Lebowski quando si mette a ballare il giorno della fine delle riprese.

Votato dai Cahiers du cinema come il miglior film dell’anno, Moretti si congeda dalla propria genitrice con una lettera d’amore lunga 106 minuti.

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