10 capolavori di Ingmar Bergman (1918-2007)

Il regista che ha saputo scavare nel profondo dell’anima, che ha dissezionato le atrocità della mente.

Decimo posto. Monica e il desiderio (1953)  Jean Luc Godard dichiarò, a proposito di Bergman: “Ognuno dei suoi film nasce da una riflessione dei protagonisti sul presente, approfondisce tale riflessione attraverso una sorta di frantumazione della durata, un po’ alla maniera di Proust, ma con maggior forza, come se Proust fosse stato moltiplicato da Joyce e Rousseau insieme, e infine diventa una gigantesca e smisurata meditazione a partire da un’istantanea. Un film di Bergman è, per così dire, un ventiquattresimo di secondo che si trasforma e si dilata per un’ora e mezza. È il mondo fra due battiti di palpebre, la tristezza fra due battiti di cuore, la gioia di vivere tra due battiti di mani“.

Nono posto. Come in uno specchio (1961) Uno dei film più angosciosi e sconvolgenti sulla follia. Premio Oscar come miglior film straniero nel 1962. Il titolo è tratto dalla Lettera ai corinti.

Ottavo posto. Il volto (1958)  Film magnetico ed enigmatico che pone molte domande sulla vita, senza mai provare a fornire risposte. Un’allusiva metafora al mondo del cinema, al mestiere dell’attore. Premio speciale al Festival di Venezia.

Settimo posto. La fontana della vergine (1960) L’incrocio tra cappuccetto rosso e Shakespeare porta fortuna a Bergman che vince il suo primo Oscar. Unico film in cui l’intervento divino si esplica in modo concreto, con una forza positiva.

Sesto posto. Scene da un matrimonio (1973) L’analisi di un rapporto di coppia vivisezionato in sei parti. Come in tutto il cinema Bergmaniano, al centro c’è la parola, o meglio i silenzi.

Quinto posto. Il posto delle fragole (1957) Il rimpianto, il tempo che passa, il significato dell’esistenza durante il  viaggio di un vecchio professore universitario. Interpretato dal regista svedese Victor Sjostrom che ha riversato la propria autobiografica riflessione nel ruolo. Un film quasi a due menti.

Quarto posto. Il settimo sigillo (1957) L’eterna lotta contro la morte simboleggiata dalla partita a scacchi. L’inutile tentativo di sfuggire alla sua falce che presto o tardi, conduce con sè tutti.

Terzo posto. Sinfonia d’autunno (1978) Due straordinarie attrici (Ingrid Bergman e Liv Ullmann)  si confrontano in questo memorabile dramma da camera. Fino a che punto la carriera d’artista deve sacrificare la famiglia. Chi, meglio di Bergman stesso, può capirlo?

Secondo posto. Sussurri e grida (1973) Agghiacciante riflessione sul dolore e la pietà, ispirato al teatro di Strindberg. Fotografato magistralmente da Sven Nykvist.

Primo posto. FANNY E ALEXANDER (1982) La summa del cinema di Bergman. L’atto di addio alla settima arte (poi diluito con molti film per la tv) è anche la sua più alta opera. Un capolavoro premiato con l’Oscar (il terzo di quattro – l’ultimo alla carriera) dove si concentrano tutte le tematiche care al regista svedese.

 

 

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2 Responses

  1. renata scrive:

    E Persona?

     

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