Foxcatcher. Una tragedia americana

Il nostro parere

Foxcatcher (2014) USA di Bennett Miller
Tre film in dieci anni e tre candidature agli Oscar. Bennett Miller sceglie sempre storie vere per raccontare i tormenti, i dubbi, le manie degli uomini. Truman Capote si specchia nella follia di un pluriassassino per uscirne svuotato psicologicamente. Brad Pitt, manager di una squadra di baseball che abbandona ogni certezza per una scelta che lo porterà quasi al trionfo. E’ un quel quasi, però, che si definisce il cinema di Miller che non vuole eroi vincenti, ma uomini che portano in sé un segno, una cicatrice. Così sono i protagonisti di Foxcatcher, la cronaca verosimile del rapporto tra il miliardario Du Pont ed i fratelli Schultz, campioni di lotta americani. Du Pont, uno degli uomini più ricchi di America, decise di finanziare la nazionale americana di lotta (sport che aveva sempre amato pur non potendolo fare per il divieto dell’ingombrante madre) legandosi particolarmente a due fratelli: Dave e Mark. Entrambi cresciuti senza genitori, i fratelli Schultz sono molto legati, ma Mark soffre l’ombra del fratello (meno dotato atleticamente ma coach “dentro”) da cui dipende eccessivamente. Mark stringe con Dupont un’amicizia profonda, segnata dalle ambiguità del milionario che mostra lati oscuri, presagi dell’inevitabile tragedia.
Si esce molto colpiti dalla tristezza intrinseca della tragedia. Tutti i personaggi portano addosso un vissuto triste che li ha segnati, il senso dell’abbandono, la schiacciante presenza di una persona che si ama profondamente pur sentendosi limitati, prigionieri da essa. Miller accompagna tutto con lenti movimenti di camera, indugiando sui silenzi che non sono mai pause superflue. Steve Carell è semplicemente magnifico in un ruolo difficile che potrebbe costituire una nuova carriera. Bella la colonna sonora di Mychael Danna.

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