Effetti collaterali. Follia omicida

Il nostro parere

Effetti collaterali (2013) USA di Steven Soderbergh

Da anni Steven Soderbergh soffre di uno sdoppiamento della personalità. Da un lato il regista autoriale, attento analista della società americane, dei suoi oscuri movimenti, delle paure recondite; dall’altro vi è il buon professionista che si presta alla messa in scena di robuste operazioni di genere senza osare molto ma limitandosi a trascrivere in immagini la sceneggiatura. Queste due anime mettono in difficoltà chi si pone alla visione dei suoi film. Difficilmente si sa cosa aspettarsi e spesso prevale la delusione perché la speranza era rivolta a qualcosa di più interessante, provocatorio.

Anche per Effetti collaterali ci si muove nello stesso disagio. E’ dai tempi del distico su Che Guevara che il regista americano propone pellicole di genere curate e affidabili ma senza colpi d’ala o prospettive diverse. Soderbergh conduce in porto il suo progetto, si limita a finire il compitino in modo lontano, distaccato: senza passione. E lo spettatore reagisce in egual maniera: freddamente attento.

Il sunto è semplice. Emily è depressa, tenta il suicidio. Presa in cura dal dottor Banks comincia ad assumere un medicinale. Gli effetti collaterali del farmaco la fanno precipitare nell’abisso fino ad uccidere il marito, appena uscito di prigione. Banks non si rassegna, ritenendosi sconfitto e colpevole del fatto. Mentre indaga per capire dove ha sbagliato, si fa largo in lui che forse Emily non ha raccontato tutta la verità.

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