Dune – Parte 2

Il nostro parere

Dune – parte 2 (2024) USA di Denis Villeneuve


Paul Atreides si raduna dietro Chani e i Fremen mentre trama la sua vendetta contro coloro che hanno distrutto la sua famiglia. Deve fare di tutto per prevenire un terribile futuro che solo lui può prevedere. Secondo episodio della saga sf dedicata all’opera capolavoro di Frank Herbert.



Denis Villeneuve completa brillantemente il suo adattamento del capolavoro di Frank Herbert, ridefinendo il concetto di cinema epico attraverso un’attenzione particolare agli attori e sfruttando l’universo e i personaggi già introdotti in “Dune: Parte Uno”. Questo gli permette di approfondire personaggi e situazioni con un ritmo più pacato e riflessivo, senza rinunciare a inquadrature spettacolari.

Villeneuve si conferma maestro della fantascienza, conferendo al genere maturità, solidità e dignità raramente viste sullo schermo. “Dune: Parte Due” non ha nulla da invidiare alle migliori opere del genere, poiché Villeneuve riesce a imporsi in un campo particolarmente difficile, dando un nuovo volto alla fantascienza semplicemente trattandola come una storia di persone in situazioni eccezionali.

Il regista bilancia il suo rapporto con il materiale di base, traducendo la storia di Herbert in immagini che rivelano un tono intimista nelle relazioni dei personaggi. Su uno sfondo epico, dove il paesaggio assume il peso di un personaggio della trama, Villeneuve esplora temi di potere, decisioni e comunicazione, centrali nel suo cinema. La sua messa in scena e la copertura visiva avvicinano i personaggi al pubblico, trasformandoli in persone comuni.

In questa seconda parte, l’epica avvolge i personaggi senza farli perdere di vista al pubblico, nonostante le loro azioni e l’ambiente straordinario. Anche nei momenti più visivamente epici, restiamo sempre vicini ai personaggi. Ad esempio, quando Paul monta il verme, l’inquadratura e il dialogo con i fremen che osservano l’evento riflettono il pubblico in sala. Stilgar, interpretato da Javier Bardem, esclama: “Così grande, no!”.

Un altro esempio è l’ambiente di terrore attorno agli Harkonnen, che mostra crudeltà e violenza estrema con una naturalezza inquietante, definendo omicidio e tortura come fatti quotidiani senza enfatizzarli.

Villeneuve non lascia mai che l’eccezionalità cancelli il potere dei piccoli gesti quotidiani, come la raccolta dell’acqua dai cadaveri. È attraverso questi gesti e il dialogo silenzioso delle espressioni dei personaggi – in un film in cui parlano poco ma non rinunciano al dialogo silenzioso – che il regista racconta la sua storia.

In “Dune”, molte cose vengono raccontate senza parole, attraverso il lavoro degli attori e le loro espressioni, imponendo il regno dell’immagine sulla parola. Quando l’azione esplode, lo fa in modo rapido, impressionante e potente, grazie a una meticolosa dosatura e alla costruzione delle inquadrature che mantiene una composizione travolgente per quasi tre ore. “Dune: Parte Due” è una scuola di cinema, evidenziando l’abilità di Villeneuve nel mantenere un ritmo pacato anche negli eventi più eccezionali. La colonna sonora di Zimmer sottolinea grandiosamente gli eventi e rimane nell’orecchio a lungo.

Denis Villeneuve completa brillantemente il suo adattamento del capolavoro di Frank Herbert, ridefinendo il concetto di cinema epico attraverso un’attenzione particolare agli attori e sfruttando l’universo e i personaggi già introdotti in “Dune: Parte Uno”. Questo gli permette di approfondire personaggi e situazioni con un ritmo più pacato e riflessivo, senza rinunciare a inquadrature spettacolari.

Villeneuve si conferma maestro della fantascienza, conferendo al genere maturità, solidità e dignità raramente viste sullo schermo. “Dune: Parte Due” non ha nulla da invidiare alle migliori opere del genere, poiché Villeneuve riesce a imporsi in un campo particolarmente difficile, dando un nuovo volto alla fantascienza semplicemente trattandola come una storia di persone in situazioni eccezionali.

Il regista bilancia il suo rapporto con il materiale di base, traducendo la storia di Herbert in immagini che rivelano un tono intimista nelle relazioni dei personaggi. Su uno sfondo epico, dove il paesaggio assume il peso di un personaggio della trama, Villeneuve esplora temi di potere, decisioni e comunicazione, centrali nel suo cinema. La sua messa in scena e la copertura visiva avvicinano i personaggi al pubblico, trasformandoli in persone comuni.

In questa seconda parte, l’epica avvolge i personaggi senza farli perdere di vista al pubblico, nonostante le loro azioni e l’ambiente straordinario. Anche nei momenti più visivamente epici, restiamo sempre vicini ai personaggi. Ad esempio, quando Paul monta il verme, l’inquadratura e il dialogo con i fremen che osservano l’evento riflettono il pubblico in sala. Stilgar, interpretato da Javier Bardem, esclama: “Così grande, no!”. Un altro esempio è l’ambiente di terrore attorno agli Harkonnen, che mostra crudeltà e violenza estrema con una naturalezza inquietante, definendo omicidio e tortura come fatti quotidiani senza enfatizzarli.

Villeneuve non lascia mai che l’eccezionalità cancelli il potere dei piccoli gesti quotidiani, come la raccolta dell’acqua dai cadaveri. È attraverso questi gesti e il dialogo silenzioso delle espressioni dei personaggi – in un film in cui parlano poco ma non rinunciano al dialogo silenzioso – che il regista racconta la sua storia.

In “Dune”, molte cose vengono raccontate senza parole, attraverso il lavoro degli attori e le loro espressioni, imponendo il regno dell’immagine sulla parola. Quando l’azione esplode, lo fa in modo rapido, impressionante e potente, grazie a una meticolosa dosatura e alla costruzione delle inquadrature che mantiene una composizione travolgente per quasi tre ore. “Dune: Parte Due” è una scuola di cinema, evidenziando l’abilità di Villeneuve nel mantenere un ritmo pacato anche negli eventi più eccezionali. La colonna sonora di Zimmer sottolinea grandiosamente gli eventi e rimane nell’orecchio a lungo.

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