Arrival. Non siamo soli

Il nostro parere

Arrival (2016) USA di Denis Villeneuve

Gli alieni sono arrivati sulla terra. Chiusi nelle diverse astronavi che sono atterrate, aspettano che gli uomini vadano da loro. E’ impossibile, però, comunicare. Per comprendere il loro linguaggio, gli Stati Uniti ingaggiano Louise, una linguista solitaria e introversa, che trova un modo per interpretare l’alfabeto degli extraterrestri, ectapodi simili a piovre. Nel corso dei mesi Louise e il team di scienziati al lavoro riesce a parlare con gli alieni pur senza comprendere tutto. Il problema è l’escalation militare che sta mettendo in pericolo la pace. Louise, intanto, continua ad avere visioni di una bambina, sua figlia, che in effetti lei non ha.

Siamo nella fantascienza metafisica, poetica, totalizzante. Villeneuve dirige un film sugli alieni parlando di noi stessi, dell’introflessione dei sentimenti, del destino da accettare incondizionatamente, della bellezza dell’amore, della necessità della comunicazione. Il regista canadese si conferma autore completo piegando il genere cinematografico alla sua intimità, alle sue tematiche. Gli uomini cercano di dare perennemente senso alla propria esistenza e nel confronto con un’altra civiltà avvertono ancora di più la propria inadeguatezza. Questa sensazione rende Louise così sensibile alle parole, al valore che i termini assumono nelle persone, nel creare le paure e le angosce. Così facendo, Villeneuve riporta la fantascienza al livello dell’anima e la rende grande.

Le astronavi sembrano i monoliti di Kubrick. Si avvertono richiami al Contact di Sagan, ad altri elementi del genere in un dotto citazionismo che non diventa mai saccente esposizione. Non sorprende che sia toccato a lui riprendere Blade Runner.

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