Una storia moderna. L’ape regina. L’Italia grottesca

Il nostro parere

Una storia moderna. L’ape regina (1963) ITA di Marco Ferreri

Ferreri ritorna in Italia, dopo alcune pellicole girate in Spagna, portando con sé il fido collaboratore Rafael Azcona. Ne esce un piccolo gioiello che ritrae grottescamente l’Italia cattolica e bigotta, basata sull’istituzione matrimoniale. Il titolo e altre cose subiscono le variazioni della censura, ma tutto sommato sopravvive ai furiosi tagli che imperavano allora.

Il regista non esagera, non sale mai di tono ma  lavora di sottrazione. Il personaggio di Alfonso, impenitente playboy deciso a mettere a posto la testa, si liquefa sotto gli occhi dello spettatore senza un reale movimento, ma solo per slittamento. L’uomo cede inesorabilmente e ineluttabilmente spazio alla moglie, donna tutta casa e chiesa, arrivata illibata all’altare, che dopo il matrimonio si trasforma in una vera e propria mantide religiosa che succhia letteralmente sangue dall’uomo.

La trasformazione viene subita passivamente. Alfonso, e in qua il genere maschile sotto forma di metafora, è incapace di opporre resistenza, cede gradualmente ogni forma di controllo della propria vita, fino a giungere al massimo sacrifico in virtù di un elementare desiderio sessuale.

Il sacramento religioso ne esce a pezzi e, conoscendo lo spirito cattolico retrivo dell’epoca, si capisce perché Ferreri non è mai stato molto amato dagli italiani. Il suo cinema è sempre un atto d’accusa contro lo spirito nazionale, un atto d’accusa beffardo e crudele, dissacrante e corrosivo, tanto da diventare disturbante per l’anima dello spettatore. Grande film.

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