Tarda primavera

Il nostro parere

Tarda primavera (1949) JAP di Yasuiro Ozu


Noriko è una donna di trentasette anni che si rifiuta di sposarsi, nonostante le pressioni della sua famiglia e dell’ambiente sociale, per poter rimanere alle cure del padre vedovo, Shukichi. Infine, a causa dell’insistenza del padre, Noriko accetterà di sposare un pretendente raccomandato da sua zia Masa, lasciando Shukichi immerso in una solitudine rassegnata.


Nel libro di Paul Schrader sull’opera cinematografica di Ozu, il regista americano definisce come segue i tre passi di quello stile trascendentale nell’opera di Yasujiro Ozu:

1) Il quotidiano: una meticolosa rappresentazione dei luoghi comuni, noiosi e banali della vita quotidiana in un processo di stilizzazione che prepara la realtà all’intrusione del trascendente.

2) La disparità: una disunione attuale o potenziale tra l’uomo e il suo ambiente che culmina in un’azione decisiva causata dall’inserimento della densità umana all’interno del freddo contesto della vita quotidiana.

3) La stasi: una visione quiescente della vita che, invece di risolvere la disparità, la trascende. L’azione decisiva non risolve la disparità, ma la trasforma, paralizzandola, in stasi. L’uomo è di nuovo attaccato alla natura, anche se non senza tristezza. In questo, la natura è divina. La sua irrazionalità trascende i dubbi o le ambiguità umane e, nella misura in cui ci sottomettiamo ad essa, o in cui lo accettiamo, andremo oltre i limiti della nostra stessa esistenza.

Siamo, come in tanti altri film di Ozu, prima di un lavoro sulla solitudine come destinazione inesorabile dell’esistenza umana, ma anche di amore e conflitto all’interno del nucleo familiare (elemento centrale su cui gravita il lavoro di Ozu). Noriko, spinta dall’amore filiale per Shukichi, è disposta a rinunciare al suo matrimonio per rimanere al fianco del padre, creando così un conflitto con le aspettative di Shukichi, che, proprio per il suo amore paterno per Noriko, spera di poterla vedere sposata e iniziare la propria vita.
C’è, però, nel film, una sottotrama che aggiunge complessità e ricchezza alle motivazioni del protagonista: Ozu ci mostra l’attrazione di Noriko per il giovane Hattori , l’assistente Shukichi che, pur sembra corrispondere ai sentimenti di Noriko, sta per sposare la sua fidanzata. Una storia d’amore infruttuosa che Ozu delinea in sole due sequenze: il giro in bicicletta fronte mare della coppia (un’immagine, quella del mare, che avrà importanti risonanze nel suggestivo piano finale del film); e la scena in cui Hattori partecipa solo a un concerto che Noriko si rifiuta di accompagnarlo per evitare i conflitti (l’aereo del sedile vuoto accanto a Hattori per via definitiva ogni possibilità di rapporto sentimentale tra i due personaggi).

In ogni caso, sia che si tratti solo dell’amore filiale di Noriko per Shukichi o anche per un senso di ribellione del protagonista di fronte alla frustrazione per l’impossibilità dell’amore romantico per Hattori, l’atteggiamento di Noriko provoca il suddetto conflitto con Shukichi al punto che il padre farà credere alla figlia che sta valutando la possibilità di risposarsi, con l’intenzione che accetterà anche di sposarsi senza il timore di lasciarsi in solitudine.

Recuperando l’idea di Schrader, possiamo osservare chiaramente nella struttura del film i tre passaggi descritti nel raggiungimento dello stile trascendentale:

1) il quotidiano: che si concentra sulla vita comune di Noriko e Shukichi attraverso una serie di piani ripetitivi che mostrano giorno per giorno (Noriko, a cui vediamo venire a casa sempre su un piano identico; Shukichi, in attesa dentro, sempre guardando alla destra dell’immagine.

2) La disparità: manifestata qui dalla possibilità del matrimonio di Noriko (e dal precedente conflitto tra lei e Shukichi), e che sarà visualizzata dall’immagine di Shukichi che vedremo per la prima volta guardando a sinistra del piano.

3) La stasi: che si verifica (almeno) in due momenti della parte finale del film. In primo luogo, nella scena in cui Noriko e Shukichi trascorrono l’ultima notte insieme prima del matrimonio del protagonista. Cito Schrader: È la stanza nell’oscurità, la figlia fa una domanda al padre, ma non ottiene una risposta. C’è un piano del padre addormentato, un piano della figlia che lo guarda, un aereo di un vaso nella camera da letto in cui abbiamo sentito il russare del padre. Poi vediamo la figlia sorridere dolcemente, e poi arriva una lunga, circa dieci secondi, dallo stesso vaso, un’immagine della figlia, ora quasi piangente, e un’immagine finale del vaso. Il vaso è stasi, una forma che può ospitare un’emozione profonda e contraddittoria, e trasformarla in un’espressione di qualcosa di unificato, permanente, trascendente.

In secondo luogo, troviamo ciò che Schrader definisce la stasi nella desolata penultima sequenza del film (l’ultimo sarà il piano di cui sopra del mare che ci riporta alla frustrata storia d’amore di Noriko e Hattori): dopo la consumazione del matrimonio di Noriko, Shukichi torna a casa da solo e siede in una delle stanze vuote., Lentamente, fino a quando il viso sprofonda in un grido di siccità, lasciando cadere la pelle del frutto per terra. Come il vaso, nell’esempio di Schrader, ecco l’immagine della mela che ospita l’emozione profonda e contraddittoria (in questo caso, della solitudine) e la trasforma in un’espressione di qualcosa di unificato, permanente, trascendente.

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