Sully. Eroe perbene

Il nostro parere

Sully (2016) USA di Clint Eastwood

Il 15 gennaio  2009 decolla dall’aeroporto La Guardia di New York ed impatta contro uno stormo di uccelli pochi istanti dopo, perdendo così entrambi i motori. Il comandante si rende conto che l’unico modo per salvare tutte le persone a bordo (equipaggio e 155 passeggeri) è tentare un ammaraggio nel fiume Hudson, e riesce nell’impresa senza provocare vittime. Sully viene acclamato e considerato un eroe dall’opinione pubblica, tuttavia viene posto sotto inchiesta dall’ente aeronautico per non aver seguito il protocollo di volo ed aver messo in grave pericolo l’equipaggio e i passeggeri, e anche l’assicurazione lo accusa di aver causato la distruzione dell’aereo.

Lo stile coinciso e secco di Eastwood si adatta bene a questa vicenda che vede protagonista un uomo comune. Sully diventa l’archetipo del good american, diviso com’è dall’atto eroico che ha compiuto ma timoroso di avere, al contrario, compiuto un errore clamoroso che ha rischiato la vita dei passeggeri. I suoi timori sono quelli di una persona perbene che riflette sui propri atti al fine di comprendere cosa ha sbagliato.

Girato con stile antifrastico e rigoroso, è espressione dell’ultima fase della carriera di Eastwood concentrata su fatti reali che hanno fatto conoscere l’aspetto positivo degli Stati Uniti, lo spirito “buono” della nazione in un’opera civica che, sia pure velata dal suo repubblicanesimo, esprime una nazione di giusti che sanno, al momento opportuno, fare la scelta corretta. L’uomo, per Eastwood, è una creatura senziente con grande forza interiore. Quando vi rinuncia, rinuncia anche all’umanità in sè cadendo in un vortice di disperazione e violenza. Sully è un esempio, una plastica dimostrazione della concezione Eastwoodiana della nazione.

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