L’Italia risorgimentale: PICCOLO MONDO ANTICO di Mario Soldati

di GIOVANNI SCOLARI

Regia di Mario Soldati Cast: Massimo Serato, Alida Valli, Ada Dondini, Mariù Pascoli, Anna Carena, Enzo Biliotti, Renato Cialente, Nino Marchetti, Carlo Tamberlani, Mario Soldati, Annibale Betrone, Attilio Dottesio, Giorgio Costantini, Felice Minotti, Anna Mari, Emilio Baldanello, Giovanni Barrella, Jone Morino

IL FILM

Il film è stato girato nel 1941 negli stabilimenti FERT di Torino, durante lo svolgimento della guerra. Siamo ancora nella prima fase del conflitto. A quel tempo, nella condizione favorevole in cui si trovava l’alleanza nazifascista, il cinema era un ottimo strumento di propaganda e di svago per chi restava nelle proprie case. Italo Calvino, nella sua Autobiografia di uno spettatore, ricorda come si andasse al cinema quasi tutti i giorni o anche due volte nella stessa giornata. Il film fu proposto da un gruppo di milanesi che intendevano ricavarne un grosso utile. La sceneggiatura venne così affidata a Mario Bonfantini, Emilio Cecchi (colui che aveva dato lavoro a Soldati assumendolo alla Cines di cui era direttore), Alberto Lattuada (anche aiuto regista) e lo stesso Soldati. Tra i collaboratori da segnalare anche Dino Risi. Fu un grande successo di pubblico. Furono scelti come attori principali Alida Valli e Massimo Serato. La Valli era già una delle attrici italiane più famose; la sua interpretazione (al modo delle dive americane) di Luisa le vale un premio speciale come miglior attrice dell’anno al Festival del Cinema di Venezia. Dopo l’8 settembre del ’43 rifiutò di andare al nord per recitare nei film di propaganda della RSI. Da segnalare che Soldati si innamorò pazzamente della Valli. Un amore che, a quanto si sa, non fu mai consumato. Serato era, invece, al suo primo grande successo di una carriera che ebbe il suo fulgore negli anni ’40 e ’50. Gli altri attori (Dondini, Molteni ecc.) sono caratteristi prediletti da Soldati.

Il film non era particolarmente amato dalla critica poiché si rifaceva ad un autore decadentista quale era Antonio Fogazzaro (Soldati con Eugenia Grandet e Malombra realizzò una trilogia tratta dalle sue opere) ed usava uno stile calligrafico, ovvero eccessivamente letterario. Se nel ’41 è prematuro parlare di stagione verista (Ossessione è del ’43), tuttavia non possiamo dire che non si avvertisse la ricerca, l’esigenza di un cinema diverso, più aderente alla realtà. Soldati non era legato al regime, anzi veniva tollerato insieme ad altri proprio per evidenziare una certa apertura intellettuale. Il regista considerava Piccolo mondo antico un film profondamente antifascista, ricordando la censura alla scena in cui si urlava “Viva la libertà!”. Tra i motivi di attrito vi fu anche il diffuso uso nel film del dialetto, pratica avversata da certo fascismo. Inoltre, l’autore si poteva definire come un cattolico- liberale, avulso dalla dura lotta politica postbellica. Da segnalare, infine, alcune osservazioni. Nel film è percepibile uno studio della pittura minore dell’ottocento come il movimento dei Macchiaioli, nonché della grande tradizione luministica europea rappresentata da Turner e dagli impressionisti. Alcuni storici del cinema hanno ravvisato alcuni aspetti comuni con Senso e Gattopardo di Luchino Visconti. Mario Soldati è stato un prolifico scrittore, ma non ha mai girato film tratti da sue opere.

 MARIO SOLDATI: LA VITA E IL REGISTA

Soldati (1906-1999) è nato e cresciuto a Torino. Gli studi, le frequentazioni lo hanno messo subito a confronto con personalità del livello di Gobetti, Casorati, Gualino. Tra i suoi amici più stretti vi sono Giacomo DeBenedetti, Carlo Levi, Giacomo Noventa. Nel ’29 riceve una borsa di studio alla Columbia University e parte per l’America. Dopo tentativi infruttuosi di ottenere la cittadinanza americana, ritorna in Italia nel 1931 senza lavoro e senza sicurezza economica. Cecchi lo assume alla Cines dove si adatta a fare quasi tutti i lavori. La sua versatilità lo porta al mestiere di sceneggiatore, collaborando a due importanti opere di Camerini Il signor Max (1932) e Gli uomini che mascalzoni (1937). L’esordio alla regia è del 1938. Diversi sono i successi che lo lanciano nel panorama cinematografico italiano. Nel settembre del ’43 preferisce fuggire nel sud dell’Italia insieme a Dino De Laurentis. Fino alla fine della guerra lavorò come giornalista per importanti quotidiani e come speaker radiofonico. Nel dopoguerra ottenne altri grandi successi fino al 1959, quando si ritirò preferendosi dedicare solo all’attività di scrittore. Soldati, infatti, considerava il lavoro di regista come secondario rispetto alla scrittura, suo unico vero amore. Si spiega così la sua renitenza a trasferire le sue opere in pellicola e anche il fatto di dedicarsi a pellicole molto commerciali, totalmente distanti dalla sua poetica. Tra le sue collaborazioni si può citare anche la direzione di unità del kolossal americano Guerra e Pace di King Vidor. Successivamente si dedicò anche alla televisione con raffinati reportage culturali sul nostro territorio. Era, come già detto, un cattolico liberale poco amato dal mondo intellettuale italiano. Non ha mai rinnegato le sue origini borghesi che, talvolta, gli venivano rinfacciate con l’accusa di non capire il popolo.

NOTE CINEMATOGRAFICHE

Il titolo è già fortemente simbolico. L’esistenza dei protagonisti (Franco, Luisa, lo zio, Ombretta, la Marchesa) sembra appartenere a riti antichi ed immutabili, a consuetudini che appaiono come acquisite definitivamente. Questo mondo va in frantumi quando gli eventi travolgono l’apparente pace. Sono momenti epocali che cambiano tutto: la marchesa non avrà più il suo potere, la pace familiare di Franco e Luisa subirà pesantissimi contraccolpi.  Il film inizia nel 1850 a Puria in Valsolda, luogo delle vacanze d’infanzia di Fogazzaro che passava le estati in casa del nonno. Nel pranzo iniziale c’è subito una forte contrapposizione tra gli alleati dell’Austria (ingordi, sciocchi, vanitosi, servili, opportunisti) contro i patrioti che, invece, si esprimono in modo diretto, rifuggono dal sopruso, dalla violenza (necessaria solo per cacciare l’invasore), disinteressati. È chiaro il messaggio: solo in questo modo si può fare l’Italia. Gli austriaci sono alteri, superbi, manipolatori: una strana descrizione se si pensa che in quegli anni l’Austria era annessa alla Germania nazista, allora alleata.

La seconda tappa ci porta al 1855. Nella riunione tra congiurati si parla di Cavour in tono ammirato e si annuncia la guerra di Crimea. Cavour è il personaggio ricorrente delle speranze dei patrioti. Assente, invece, il re e, soprattutto, il duo Mazzini/Garibaldi di cui non si fa stranamente cenno. È probabile che nelle parti censurate ci fossero dei richiami più espliciti a Mazzini, ma esiste comunque un richiamo evidente poiché il lago era il luogo privilegiato per far filtrare i giornali mazziniani di contrabbando. Da evidenziare anche la consapevolezza di un processo storico in atto inarrestabile. I personaggi sembra che conoscano tutto in anticipo, che sappiano interpretare ogni minimo mutamento della storia. Una concessione alla propaganda bellica? Una premonizione sul futuro disastroso che aspetta l’Italia fascista? Curioso l’accenno di uno dei personaggi ad un futuro Regno Padano durante la discussione su quale nome si debba dare al nuovo stato che, tutti sono certi, deve nascere dalla futura guerra. La proposta viene subito accantonata.

Franco decide di andare in Piemonte a lavorare. Il suo gesto è lo stesso di molti intellettuali antiaustriaci perseguitati nella propria casa dall’asfissiante controllo austriaco. Sono in tanti che cercano rifugio dai Savoia, nell’unico stato italiano con il parlamento funzionante e una costituzione. Solo riferimento per chi voleva unire l’Italia. Franco arriva a Torino mentre si sta svolgendo una manifestazione a favore della guerra in Crimea. La guerra viene vista come un evento purificatore, in aperta consonanza con lo spirito fascista del tempo (una concessione involontaria del regista?). La città è febbricitante per la partenza dei soldati. Cartelli inneggiano Cavour (rappresentante dello stato) Lamarmora (l’esercito).

Molto importante nel cinema di Soldati il ruolo della donna. Rispetto agli altri cineasti, il regista torinese costruisce insieme ad Alida Valli il ritratto di una donna forte e coraggiosa, capace di esporre le proprie ragioni. Inizialmente, Luisa appare confinata nel luogo dell’angelo del focolare, sacrificandosi per il bene della famiglia, della bimba. Differentemente dalle altre figure femminili del periodo, il personaggio acquista corporeità opponendosi con coraggio al marito, alle convenzioni sociali, alla Marchesa. Una sfida che si interrompe con la disgrazia che la colpisce e rischia di farla cadere nella follia. In questi momenti si evidenziano maggiormente i difetti nei dialoghi, infarciti spesso di retorica e non sempre convincenti.

Il 1859 è l’ultima tappa del film. Franco si arruola per combattere l’Austria. Nessuno dubita della vittoria finale, evento ineluttabile nella costruzione della nuova Italia, spirito collegato e interpretato correttamente dal fascismo. Franco fa parte dei Cacciatori delle Alpi, reparto di volontari con la divisa dell’esercito sardo, ma guidati da Garibaldi con l’ausilio di Consenz e Medici. Nel dialogo tra il locandiere e Franco vi è il passaggio di consegne ideale tra coloro che hanno fatto la prima guerra d’indipendenza e coloro che parteciperanno alla seconda. Il dialogo è il classico esempio di retorica risorgimentale ricco di luoghi comuni, ma significativo perché racconta la storia esattamente come la storiografia sabauda voleva trasmetterla. Singolare, però, che nella discussione che segue non si faccia segno della presenza dei francesi, determinanti, come sappiamo, nella vittoria. I volontari partono accompagnati dall’appoggio incondizionato e dal calore umano del popolo. Il messaggio è chiaro: popolo e intellettuali uniti per la nostra patria. Ancora una volta a sottolineare questo (come spessissimo accade nel cinema italiano fino agli anni sessanta) sono presenti i canti popolari. Questa volta centrale è Addio mia bella addio di Bosi (1848)

Piccolo mondo antico non è il racconto della crescita dell’identità nazionale prima della seconda guerra d’indipendenza. Risponde, tuttavia, a molti dubbi sulla convinzione che il nord (in testa, la borghesia, ovviamente) avesse a cuore l’unificazione della nostra nazione molto più di quanto non si creda. Il risorgimento non è stato solo frutto della politica, a volte spregiudicata di Cavour, non è stato solo una guerra di invasione: è stata la presa di coscienza di larghi strati della popolazione che fosse giunto il momento di ridare dignità e unità all’Italia. Gli errori successivi sono sotto gli occhi di tutti, ma non si può negare le radici di un reale sentimento popolare.

NOTE STORICHE

Dopo i moti falliti del 1848, la situazione dei rivoluzionari, costretti all’esilio, era davvero difficile. Tutti gli esuli scrivono, mettono su carta le riflessioni, le speranze, i ricordi di quegli anni di lotta. Mazzini si trova a Londra, Gioberti a Parigi, Garibaldi a Tangeri in attesa di imbarcarsi per l’America, Pisacane si trasferisce dall’Inghilterra a Lugano con la moglie incontrando gravi difficoltà finanziarie. Sarà, tra l’altro, Mazzini a sostenere economicamente la famiglia di Pisacane dopo la morte di Carlo, mostrando come effettivo fosse l’interesse di alcuni patrioti alla sorte di altri meno fortunati. Nel film, infatti, Franco chiede per lettera aiuto e lo ottiene: la dimostrazione di come ci fosse disponibilità, pur nella diversità di idee. Il 1850 è un anno di transizione per l’Italia, di estrema confusione dopo un doloroso biennio di guerra. Vi era un forte disorientamento, una difficoltà reciproca nel capirsi. Nello stesso anno, a Londra, Mazzini e Ledru Rollin fondavano il Comitato Democratico Europeo. Per dotarsi di mezzi e di armi, Mazzini lancia una raccolta fondi. Cattaneo capisce che il punto debole dell’opera rivoluzionaria è la sua sostanziale solitudine presso l’opinione pubblica italiana ed europea. Chiede, perciò, che i soldi vengano usati anche per fare pubblicità al movimento, per interessare l’Europa alle sorti dell’Italia. Cattaneo (la cui opera è stata riscoperta per la proposta federalista) vede poi nell’industrialismo un’opportunità rivoluzionaria in quanto passaggio alla modernità, abbandonando il “piccolo mondo antico” del romanzo. La stessa intuizione nutre Cavour che nel 1850 entra in parlamento per la prima volta. In pochi mesi diventa ministro dell’agricoltura nel governo d’Azeglio per passare poi al ministero delle finanze e, infine, nel 1852 al ruolo di primo ministro grazie all’accordo con Rattazzi (il Connubio), unendo forze di destra e sinistra. Il 1851 è anche l’anno delle leggi Siccardi che sopprimono i privilegi ecclesiastici.

Nel 1851 a Londra apre la prima Esposizione Universale, simbolo accecante della seconda Rivoluzione Industriale. L’avvenimento non sfugge a Cavour che, in alcuni articoli, collega i moti del ‘48/’49 al progresso economico mostrato proprio dall’esposizione. Erano due rivoluzioni sociali (economica e politica) che viaggiavano affiancate, mostrando analogie e collegamenti sociali. È un pensiero tipico dello stesso Fogazzaro che Croce così definisce ne “La letteratura della nuova Italia” «cattolico, tiene fermo persino all’infallibilità del papa: ma è insieme ossequiente alla moderna scienza naturale darvinistica, e pensa che la fede non le si opponga, e anzi la compia e le si armonizzi; e riconosce importanza ai fenomeni della suggestione, della telepatia, dello sdoppiamento, della chiaroveggenza, dello spiritismo, come segni di futura unione della scienza con la fede.» Mazzini, invece, si richiamava confusamente ad un DIO-VERITA’ che ha molti punti di contatto con il protagonista del film. Riteneva, altresì, importante l’emancipazione femminile tanto quanto quella dell’operaio. Per concludere l’illustrazione storica, va ricordato che nel 1851 Gioberti pubblica DEL RINNNOVAMENTO CIVILE D’ITALIA in cui si individuava il Piemonte come forza unificante della nuova nazione per la prima volta. Si crea così il quadro completo delle forze in campo nel decennio che porterà alla nascita della nazione.

Intanto, in Lombardia, Mazzini aveva creato diversi comitati segreti. Centro propulsore era il lago di Lugano (esattamente quello in cui sono ambientati film e romanzo)da cui potevano giungere, tramite la frontiera, i giornali rivoluzionari, gli stessi giornali requisiti dalla polizia durante la perquisizione a casa di Franco. La pulsione repressiva austriaca non accenna a diminuire. Nel 1853 vi è una ventata di arresti che porta alla condanna a morte di diversi patrioti, i cosiddetti Martiri di Belfiore. La loro esecuzione assurge a simbolo della crudeltà degli austriaci, aliena ulteriormente l’opinione pubblica europea, rafforza l’opposizione interna. Il 9 febbraio del ‘53 fallisce a Milano un’insurrezione mazziniana. L’ennesimo insuccesso di Mazzini indebolisce il suo movimento e rafforza la coesione intorno alla corona sabauda.

Nel 1855 si accende lo scontro tra Cavour e la chiesa per le leggi che sopprimevano i monasteri. Dopo una dura battaglia parlamentare in cui il Re ha cercato di sostituire Cavour, il politico liberale esce rafforzato e pianifica la propria politica estera e di alleanze. Si arriva così all’invio del contingente militare comandato da La Marmora alla guerra di Crimea. È in quel momento storico che Franco giunge a Torino; è un incontro simbolico dell’inizio dello spirito guerriero degli italiani, forse l’unico momento del film in cui Soldati cede alla retorica fascista. In Crimea vengono inviati 18.000 soldati. Molto alte furono le perdite: oltre 2.000 i morti, quasi tutti per il colera, tra cui Alessandro La Marmora, fratello di Alfonso e fondatore dei bersaglieri. Nel 1857 nasce la Società Nazionale per opera di Manin, La Farina e Pallavicino Trivulzio. La nascita di questa organizzazione oscura, in qualche modo, la figura di Mazzini, colpita duramente dalla fallita azione di Pisacane, e prepara il terreno alla seconda guerra d’indipendenza quando il Piemonte si presenterà come forza unificatrice capace di combattere con il proprio esercito, ma anche di raggruppare in truppe volontarie persone provenienti da tutta Italia. L’adesione di Garibaldi nel 1858 sarà decisiva in questo senso. Ci saranno anche Abba, Crispi, Cairoli. E Franco Maironi.

 

 

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