L’immensità – Crescita

Il nostro parere

L’immensità (2022) ITA di Emanuele Crialese

Nella Roma degli anni Settanta, Clara e Felice si trasferiscono in un nuovo appartamento. Nonostante la fine del matrimonio, i due non riescono a separarsi. Clara riversa tutto il suo desiderio di libertà nei figli. Adriana, figlia maggiore, rifiuta la sua identità e vuole convincere tutti di essere un maschio.

Crialese voleva raccontare questa storia da molti anni: la sua storia. Al Festival di Venezia, dove il film era in concorso, il regista ha svelato pubblicamente, privatamente la cosa era già nota, il suo cambio di sesso. Per raccontare il suo passato, sceglie un momento esemplare della sua infanzia dove in modo catartico gli eventi condizioneranno il futuro della protagonista.

Adriana vuole essere Andrea, vive la madre come una figura di bellezza ideale, cui lei ed il suo corpo non riescono a riconoscersi, replicato nella visione della stessa nei panni di Raffaella Carrà o di Patty Pravo. Il suo mondo di sogno è in bianco e nero, infatti, e passa attraverso la replica esatta di scene iconiche dela nostra televisione. Ecco che Rumore della Carrà, così come Prisincolinensinaiciusol di Celentano diventano inni alla diversità, all’affermazione di sè. In questo contesto le canzoni diventano un atto di ribellione, ribellione cui la giovane Adriana sente di dover affermare per la condizione in cui vivono, con un padre padrone gretto e maschilista, incapace di uscire dal ruolo patriarcale ottuso costruito intorno a sè.

Questa dolorosa condizione non è modificabile perchè la madre dovrà subire il marito accettando passivamente la propria infelicità e ogni disperata ricerca di libertà della ragazza verrà represso. Eppure questa sofferenza concepirà la futura redenzione che si comprende dal sorriso conclusivo di Adriana.

Notevole è il lavoro di ricostruzione degli show passati sul teleschermo, così come la resa dell’Italia dei settanta con la moda, i costumi,  soprattutto la mentalità che il regista riesce sottilmente ma icasticamente a restituire con poche intelligenti osservazioni. Notevole è la performance della Cruz, perfetta nel ruolo della Carrà, e gli inserti onirici che Crialese raffigura più come conquista del proprio io piuttosto che evasione dalla realtà.

Il film, tuttavia, presenta debolezze che non ne sminuiscono la portata poichè anche se imperfetto conserva dentro di sè una complessità di sentimenti che intriga e turba lasciando nello spettatore la certezza di aver visto qualcosa di non banale.

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