Le nevi del Kilimangiaro di Robert Guedigian

di Massimo Morelli

Un operaio cinquantenne, militante sindacale, viene messo in cassa integrazione, ma riesce a sopportare la forzata inattività dedicandosi maggiormente alle proprie relazioni sociali e familiari, fino a quando una sera, la tranquillità quotidiana è infranta con violenza da due criminali che lo derubano del sogno, sempre rimandato, di una vacanza in Africa e del denaro necessario raccolto e ricevuto in regalo dagli amici più cari. Da un lato sorge spontaneo il sospetto che il regista non si discosti dalle abituali tematiche, l’ennesimo milieu affrontato da Ken Loach sull’altra riva della Manica, ma da un altro punto di vista, non si può fingere di ignorare che il “consueto” Guédiguian, in questo periodo storico, sia sempre più prezioso ed irrinunciabile, con i suoi volti autentici, la coralità dei personaggi, la scarna e sincera originalità espressiva affettuosamente ispirata dalla coerente onestà del suo sguardo etico.

Anche sul piano visivo il racconto si snoda esplicito e lineare, con ogni digressione ben sottolineata nella trama, rispettoso nei confronti dello spettatore, coinvolto emotivamente in prima persona senza ricorrere a particolari simboli intellettuali o a intricati sviluppi narrativi e, infine, parliamoci chiaro, rivedere di nuovo al cinema Jean-Pierre Darroussin e Ariane Ascaride, compagna di vita del regista, non è poi così diverso dall’emozione che a volte si prova quando, per caso, si ritrovano amicizie perdute verso le quali sentiamo ancora un’intensa empatia; pertanto obrigado a Guédiguian per la determinazione e l’impegno, che accrescono la sua visione marxista dell’esistenza.

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