I film Palma d’Oro a Cannes – 2

Ci avviciniamo all’edizione 2013 del Festival di Cannes e proseguiamo nella carrellata dei vincitori del massimo premio della rassegna francese.Nel periodo considerato (1964- 1974) il riconoscimento si chiamava Grand Prix du Festival International du Film. Nel 196( (eh sì, la data non è casuale) il Festival non si tenne a causa delle contestazioni in atto.

1964: Les Parapluies de Cherbourg di Jacques Demy (Francia) Felice tentativo di un musical europeo. Film interamente cantato, è una favola romantica in cui emerge il talento di Demy nella costruzione della trama e nella sapiente amalgama dei colori. Tra gli interpreti Nino Castelnuovo e Catherine Deneuve.

1965: Non tutti ce l’hanno (The Knack… And How To Get It) di Richard Lester (Gran Bretagna) La rivalità tra un dongiovanni e un timido insegnante che si contendono l’amore di una ingenua provinciale serve a Lester per raccontare la swinging London, la trasformazione sociale e i nuovi media giocati su un piano talvolta surreale. Si afferma il talento di Rita Tushingham, autentica protagonista del free cinema inglese.

1966: Un uomo, una donna (Un homme et une femme) di Claude Lelouch (Francia) Una storia romantica rimasta, anche grazie alla musica immortale, nella memoria di tanti. Lelouch non è molto amato dalla critica per via della sua tendenza alla retorica eccessiva, considerata melensa e vacua. Eppure è un grande narratore che ha conquistato e rapito il pubblico.

ex aequo Signore & signori di Pietro Germi (Italia) Ritratto al vetriolo della provincia italiana (Treviso in questo caso) da parte di uno dei registi italiani più sottovalutati di quel periodo. La nostra nazione viene denudata in modo sarcastico, crudele, cinico. Per questo è pura “tranche de vie”.

1967: Blow-Up di Michelangelo Antonioni (Gran Bretagna/Italia) Capolavoro girato in inglese. Ancora la swinging London con, in aggiunta, una grande attenzione all’arte contemporanea, all’uso dell’immagine nei nuovi media, oltre che le consuete riflessioni sul senso dell’esistenza. Film complesso e ricchissimo di tematiche, invenzioni e spunti. Straordinario e avanti nei tempi: probabilmente il vertice dell’opera del regista ferrarese.

1969: Se… (If…) di Lindsay Anderson (Gran Bretagna) Il film simbolo della ribellione giovanile di quegli anni. Anderson distrugge fin nelle fondamenta il mondo borghese utilizzando la maschera di Malcolm McDowell, allora 25enne, poi resa immortale da Kubrick in Arancia meccanica. Anderson sovverte ogni regola cinematografica lavorando sui topos del mondo sacro dell’istruzione britannica, utilizzandolo come microcosmo del disfacimento del capitalismo.

1970: M*A*S*H di Robert Altman (USA) Questo film è un pezzo di cuore, a partire dalla colonna sonora. Un film antimilitarista fin all’osso che riesce, con toni da commedia, a descrivere l’assurdità di ogni tipo di conflitto. E’ ambientato nella guerra di Corea, ma in realtà si parla dell’attualissimo Vietnam. Indimenticabile e struggente.

1971: Messaggero d’amore (The Go-Between) di Joseph Losey (Gran Bretagna) Losey dirige, ma Pinter sceneggia. E mette in scena il cristallizzato mondo vittoriano per tracciare un elaborato ritratto della sofferenza del vivere. I costumi di un mondo scomparso servono per ribadire l’inutilità e il vuoto della vita.

1972: Il caso Mattei di Francesco Rosi (Italia) Ritratto civile e sociale di una figura eminente della storia economica e politica dell’Italia del dopoguerra, con il contorno del mistero nascosto dietro la morte del personaggio. Volontè è straordinario nell’indossare i panni di Mattei, nel renderlo vivo e pulsante. Una sorta di pamphlet cinematografico ricco di annotazioni e riferimenti culturali, un resoconto secco e nitido di un momento della nostra storia.

ex aequo La classe operaia va in paradiso di Elio Petri (Italia) Ancora un premio italiano, ancora un “eroe” con il volto di Gian Maria Volontè. Questa volta Petri analizza l’alienazione della vita operaia entrando nelle fabbrica italiana. Il racconto del rapporto alienato  con la macchina e i tempi di produzione è folgorante. Contemporaneamente il regista coglie la debolezza del movimento studentesco, spesso troppo distante e ‘astratto’ dai reali problemi degli operai. Inoltre, condanna i sindacati, spesso collusi con i padroni, evidenziando come l’alienazione dell’uomo-macchina continui anche nella vita di tutti i giorni. Un film ideologico e forse superato, ma vibrante, felice, ispirato.

1973: Lo spaventapasseri (Scarecrow) di Jerry Schatzberg (USA) Opera picaresca e crepuscolare che ci racconta la forza dell’amicizia tra due uomini, due vite sconfitte che inseguono (vale la pena di dirlo? Inutilmente) il proprio sogno. Film della new Hollywood con due immense stelle emergenti: Gene Hackman ed Al Pacino.

ex aequo Un uomo da affittare (The Hireling) di Alan Bridges (Gran Bretagna) Melodramma passionale che intende mostrare la divisione tra le classi nell’Inghilterra inizi ’70. Il cast è di grandissimo valore, ma il film non si caratterizza come indimenticabile.

1974: La conversazione (The Conversation) di Francis Ford Coppola (USA) Coppola ci racconta l’America del Watergate tramite il suo protagonista (ancora Gene Hackman), un disperato travet dello spionaggio. Mentre l’uomo è impegnato nelle sue normali intercettazioni, incappa in qualcosa di grosso e si sente a sua volta spiato. Un incubo metropolitano o (più probaibilmente) la metafora degli Stati Uniti travolti dallo scandalo che ha portato Nixon alle dimissioni? Film tipico del periodo (basta ricordare I tre giorni del Condor, Perchè un assassinio, Tutti gli uomini del presidente), rende in modo perfetto l’atmosfera claustrofobica che colpiva la società americana.

 

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1 Response

  1. visita-questo-sito scrive:

    Posso solo dire con sollievo che ho trovato qualcuno che sa realmente di cosa sta parlando! Lei sicuramente sa come portare un problema alla luce e renderlo importante. Altre persone hanno bisogno di leggere questo e capire questo lato della storia.

     

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