Gone Girl. L’amore bugiardo. Le ossessioni di David Fincher

Il nostro parere

Gone girl – L’amore bugiardo (2014) USA di David Fincher

Fin dal primo film Fincher si è proposto come un regista interessante e creativo. Tutte le pellicole successive hanno confermato la sua statura pur con qualche inciampo e difficoltà. In alcuni casi, però, ha dato al cinema opere interessanti e provocatorie mai premiate (come avrebbero meritato) con l’Oscar.

Colpisce la sicurezza tecnica, la bravura nel gestire gli attori, ma soprattutto impressiona il ritorno dello stesso tema in tutti i personaggi che rappresenta. Sempre, in loro, c’è qualcosa che sfugge. “Davanti c’era la menzogna comprensibile, e dietro, l’incomprensibile verità”, per citare Milan Kundera. Nel Tyler Durden di Fight Club, nel Benjamin Button con il volto di Brad Pitt, nel Zuckerberg di Social network c’è una fascia oscura che la sua cinepresa indaga e mette a nudo, lasciando allo spettatore il compito di darsi risposte. Aggiungiamo alla lista il cyborg di Alien 3 e lo straordinario Frank Underwood di House of Cards.

Anche in Gone girl si pone lo stesso dilemma fincheriano. Il film, diviso in due parti omogenee corrispondenti ai due personaggi principali, ci svela la loro reciproca follia: psicotica nella donna di cui apprendiamo l’infanzia totalmente infelice con due genitori mostruosi (su cui la regola vale più che mai) che l’hanno utilizzata come cavia per il loro successo personale, morale nell’uomo che si autocommisera fino al fallimento perché incapace di reggere il modello di menzogna che si è imposto. Da un lato viene distrutto il mito della donna glamour, dall’altro il modello di uomo macho e brillante che dovrebbe possedere il mondo.

In un mondo in cui nessuno è se stesso, in cui prevale l’egoismo (il figlio che sbologna rapidamente il padre alla casa di riposo) e l’arrivismo, si aggiunge la nefasta influenza dei media che agiscono senza nessuna etica, solo alla prevalente ricerca del consenso e dell’audience. Quali bestie abbiamo creato e perché siamo diventati questo? Fincher non risponde, si limita a mostrare, ad elencare il nostro male. Lascia allo spettatore l’interpretazione.

Davvero nessuno si salva nella visione di Fincher di questo mondo, forse la sorella di Affleck che, non a caso, sembra essere sola. Come tutti, peraltro.

P.S. Da vedere, assolutamente, Femmina folle di Stahl. C’era il modello. Fincher l’ha preso, ha tolto il melodramma, e ha lasciato il senso del vuoto interiore.

 

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