Bussano alla porta

Il nostro parere

Bussano alla porta (2023) USA di M. Night Shyamalan


Mentre sono in vacanza in una baita isolata, una giovane ragazza e i suoi genitori vengono presi in ostaggio da quattro sconosciuti armati che chiedono alla famiglia di compiere una scelta impensabile per evitare l’apocalisse.


Ci risiamo. Shyamalan ha centrato l’obiettivo una sola volta, una! In Sesto senso ha creato un meccanismo perfetto in cui suspence e ritmo si univano fino ad un finale crescente e sorprendente. Da allora in poi ha sempre fatto esattamente il contrario. Inizia i suoi film con un ammorbante senso di pericolo e di inadeguatezza dei personaggi. Crea inquietudine e l’attesa di un mistero che sembra essere sconvolgente.

Non appena il mistero viene svelato (e siamo di solito giunti appena dopo l’incipit) il senso di delusione diventa predominante: la montagna ha partorito un misero topolino. Se va bene, resta almeno la curiosità di capire come va a finire; se va male prevale la fretta di finire per capire come esce da una storia assurda  e inutile.

Qua siamo nel secondo caso. Non appena i quattro cavalieri dell’apocalisse si palesano come tali, non si sa se ridere per l’assurdità evidente della trama o uscire per mettere fino ad uno strazio che si conclude solo dopo i titoli di coda. Prendiamo almeno come buona la riflessione sull’omofobia anche se l’interpretazione di Shyamalan è quella che è.

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