Boulevard, L’ultimo hurrah di Robin Williams

Il nostro parere

Boulevard (2014) USA di Dito Montiel

La scomparsa di Williams a pochi mesi dalla fine delle riprese ha gettato una luce sinistra su questo film che non può non essere guardato con occhi diversi, tutti tesi a leggere gli sguardi, i gesti dell’attore al fine di scoprire i segni della depressione e della malattia che l’hanno indotto al gesto che ha chiuso la sua vita.

Si tratta di un film, invece, dalla struttura molto classica, ben differente dal folgorante esordio di Montiel alla regia, così interessante e forte. Nolan, sessantenne bancario grigio e routinario, incontra Leo, un giovane che si prostituisce. La casualità c’entra poco, però, poiché dopo poco scopriamo che Nolan, pur essendo sposato da molti anni, è conscio della propria omosessualità da sempre. L’omosessualità è stata vissuta sempre con un forte senso di colpa che ha reso la sua vita un’invisibile prigione. Illuminante, in questo senso, è la confessione all’anziano padre, ridotto da un ictus sul letto ma incapace di perdonare il figlio.

Williams gioca con una recitazione sotto tono, misurata. Anche la postura si adatta allo stato mentale del protagonista: curvo, quasi immobile, senza alcun slancio, le braccia e le mani ancorate al corpo, il volto incapace di manifestare emozioni, se non l’impossibilità di vivere.

La regia segue l’evoluzione di Nolan in modo piatto e incolore. La scelta di adeguarsi ai suoi moti dell’anima non paga dal punto di vista cinematografico perché trasforma il film in un lungo incubo senza variazioni di ritmo, senza risvegliare l’attenzione dello spettatore.

La conclusione è quasi inevitabile e dal quel momento l’attore ed il personaggio ritornano a sorridere. Per l’ultima volta sullo schermo.

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