10 volte Quentin Tarantino

Maestro del cinema o fenomeno di moda? Quentin Tarantino è oggetto di discussioni feroci negli ambienti cinematografici, idolatrato da alcuni, odiato da altri. Contro di lui i suoi gusti cinematografici “alternativi”, tendenti talvolta al trash, molto spesso centrati su un cinema artigianale, ricco di inventiva più che di mezzi. A suo favore, invece, l’originalità, la forza esplosiva delle immagini, spesso in combinato disposto con la musica che deflagra in scena.

Tarantino gioca con i generi, con la citazione cinefiliaca quasi maniacale per divertire soprattutto se stesso. Il pubblico gode insieme a lui, anche se il suo stile è più per affiliati che per un pubblico generalista.

Genio? Probabilmente no. Forse il complemento migliore per lui è paragonarlo agli autori di serie B (Castellari, Margheriti per l’Italia), definendolo un artigiano del cinema, un costruttore di sogni (iperviolenti, ad essere sinceri). Tuttavia, quando si è trattato di stilare la sua personale classifica dei film più belli, ha messo sul gradino più alto Sergio Leone, seguito da Howard Hawks e Martin Scorsese.

La sua filmografia non comprende 10 lungometraggi. Ci sono solo 9 titoli nel suo carniere, tra cui un episodio di Four Rooms e la guest direction di Sin City. Il decimo film sarà l’ormai imminente Django unchained, ancora un omaggio allo spaghetti western tanto amato. Una classifica si può comunque tirare fuori.

10. Regie televisive. Tarantino non ha mai disprezzato il mezzo televisivo frequentato come vero e proprio fan. Infatti, ha diretto episodi di ER, di CSI e del Jimmy Kimmel Live: tutti programmi che seguiva da telespettatore e per cui si è offerto come omaggio personale. L’episodio più famoso è CSI Grave Danger in cui si cita esplicitamente Kill Bill, nella scena del seppellimento. Per lui un divertissement, ma gli appassionati della serie non possono affermare si tratti dell’episodio migliore.

9. Collaborazioni. La regia di una troupe di Sin City è uno degli esempi del suo amore per un gruppo di autori, registi e amici che lui apprezza particolarmente. Le sue apparizioni nei film di Rodriguez come interprete, i cameo in alcune pellicole, la parte importante ricoperta in Sukiyaki western Django di Takashi Mike sono prove di amicizia, ancora prima di essere espressioni artistiche.

8. Grindhouse. Diciamolo che non è un film alla sua altezza. Lo stile nell’immagine, nella costruzione del plot sono tipicamente suoi, ma si capisce perfettamente che la cosa è nata in modo casuale, che non c’era abbastanza costrutto per essere convincenti.

7. Four Rooms. Una simpatica puntata nell’inverosimile. Bravi gli attori, ma si tratta più di un divertissement che altro.

6. Jackie Brown. Il recupero della Blaxpoitation poteva venire in mente solo a lui. Imperdibile il personaggio di Robert De Niro. Tarantino continua nella sua opera di riscoperta di attori (quasi) dimenticati. E’ il caso di Pam Grier e di Robert Forster ritornati al successo dopo decine di anni di ombra. Sceneggiatura brillante, rivisitazione di un genere, attori convincenti, fotografia ottima. Che dire d’altro?

5. Bastardi senza gloria. Via con un altro must del cinema italiano anni ’70: il cinema di guerra. Tarantino gioca con i suoi attori: si diverte con Brad Pitt affibiandogli una improbabile (in lingua originale) pronuncia, scopre Chistoph Waltz disegnandogli un ruolo da vilain strepitoso, reinventa la storia della seconda guerra mondiale. Lo stile tarantiniano è inconfondibile sia nella caratterizzazione di ogni minimo personaggio, sia nella iperviolenza che strabocca nello schermo. Solo lui può accostare David Bowie ad un cinemino francese degli anni ’40, solo lui può inserire un amore interrazziale nella Francia occupata dai nazisti, solo lui devasta le convenzioni sociali in modo dissacrante ed ironico: a volte con una sola immagine.

4. Le Jene. E’ il fim più angosciante, più claustrofobico. Michael Madsen è il ritratto ideale del sadico. Il film che lo rivela al pubblico, che lo consacra all’attenzione di tutti. La violenza gratuita deborda e affascina perchè mostrata come un gioco eccessivo, come esagerata. Purtroppo, non lo è.

2 posto ex-aequo. Kill Bill volume 1  e Kill Bill volume 2 Gargantuesco. Solo così si può definire la vendetta della Sposa. Musica, ritmo e morte. Le scene ad effetto sono talmente tante, i dialoghi secchi e concitati troppi, i combattimenti talmente efferati e spettacolari. Ci vorrebbe poi una vera enciclopedia delle citazioni presenti nella pellicola, molte delle quali comprensibili solo a maniaci del genere e allo stesso Tarantino. La tuta gialla di Bruce Lee è solo  quella più evidente. Feticistica poi l’attrazione verso i piedi di Uma Thurman. Da ricordare il ruolo dello scomparso David Carradine scelto certamente per il telefilm degli anni settanta KUNG FU, interpretato dall’attore al posto proprio di Bruce Lee.

 

2. 

1. Pulp Fiction. La circolarità dell’intreccio è l’aspetto più eclatante del film, il motivo che lo pone sul primo gradino del podio. Anzi, la supposta circolarità poichè ci sono dei vuoti spaziotemporali chiari. E’ un film culto, il film per eccellenza per molti. Ancora una volta grandi dialoghi, grandi storie, grandi citazioni. John Travolta ha vissuto una seconda giovinezza cinematografica dopo un decennio di grandi delusioni; Jackson è magnetico; Willis reincarna l’eroe sconfitto come meglio non si potrebbe pur spiazzato dall’incredibile inserto sadomaso; Keitel ….. è Wolf e risolve problemi.

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